Con il pranzo di domenica 28 aprile si è conclusa la VI edizione del Festival della Filosofia d'a-Mare a Castellammare del Golfo, Trapani (co-organizzato dal Gruppo editoriale Di Girolamo, dalla Scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone" e dalla Fattoria sociale "Martina e Sara"). La gioiosa gratitudine espressa spontaneamente, in pubblico e in privato, dagli oltre settanta partecipanti ha sancito - in maniera inequivocabile - la riuscita dell'esperienza.
Sarò felice di restituire, in qualche post successivo, dei frammenti (scritti e iconici) di queste quattro, intense, giornate.
Comincio, intanto, con un po' di materiale che ho già a portata di mano.
Al link https://gopro.com/v/OWGaz3JZaR4wK trovate una breve sintesi fotografica fornitami dalla cara Adriana, senza la cui costante e preziosa presenza la fatica fisica e psichica della gestione dell'evento mi sarebbe riuscita troppo pesante.
Un'altra sintesi, non certo meno efficace e suggestiva, ce l'ha regalata Lorenzo Raspanti con una composizione poetica letta in sede di agorà plenaria:
Ciò che mi resta
Abbiamo iniziato un cammino verso il mare
confine che non conosce confini
il mare delle tempeste mute delle sofferenze
relitti
corpi straziati
naufraghi invisibili che cercano invano specchi occhi
mani da salvare
La fitta dolce rete delle passioni dei desideri
a volte cela sguardi di compassione
Forse un giorno sarà amore
Miserere
terra cielo mare martoriato
fetore geneticamente modificato
Saremo ancora capaci di riconoscere la gentile emozione
di un sorriso, di una ruvida carezza?
Nel kaos del breve tempo fragile tutto passa
Ciò che mi rimane addosso non è che polvere
una flebile traccia
frammento di un pizzico di lievito
che ha lo stesso intenso sapore
dello stupore per la bellezza del cosmo.
Aggiungo, a beneficio della memoria di chi c'era e della curiosità di chi non c'era, qualche appunto con cui ho introdotto il primo appuntamento del Festival, la passeggiata filosofica dal belvedere sul golfo ai piedi del castello che presidia l'ingresso del porto (vedi foto nell'incipit di questo messaggio):
"Il Mediterraneo, in linea di principio, sembrerebbe un luogo del pianeta refrattario ai fondamentalismi. Franco Cassano, ad esempio, scrive: «Il Mediterraneo sottolinea il valore della pluralità: nessuna forma di vita è più vicina delle altre alla perfezione. Nessuna tradizione può imporsi alle altre. Il primo comandamento mediterraneo è: tradurre le tradizioni, far sì che gli uomini diventino amici non nonostante le differenze, ma anche grazie ad esse». Purtroppo, di fatto, le cose non sono andate così. L'ebraismo ha prodotto varie interpretazioni, tra cui alcune fondamentaliste; il cristianesimo conosce varie versioni, tra cui alcune fondamentaliste; l’islamismo si è diramato anch'esso in alcune correnti, alcune delle quali fondamentaliste. Perché, come mai? Il Mediterraneo alimenta pluralismo, scambi orizzontali, arricchimenti reciproci sino a quando i porti sono aperti. Quando si comincia a chiudere i porti, quando si comincia a erigere mura intorno alle città (a Gerusalemme, al Vaticano, a La Mecca…), le interconnessioni si spezzano. Ogni civiltà si chiude in se stessa, si assolutizza, si isola. In questi mesi gli animi più sensibili fra noi si preoccupano degli sbarramenti dei porti e dell'erezione dei muri pensando a chi resta fuori, rifiutato. E' una preoccupazione giustificata e nobile. Ma è solo una preoccupazione a metà. Infatti, quando chiudiamo agli altri, ci chiudiamo noi stessi: ci precludiamo le relazioni, ci isoliamo, ci auto-recludiamo. Ci condanniamo al fondamentalismo".
Augusto Cavadi