• Augusto Cavadi •

Che in Palestina, dopo il 7 ottobre 2023, sia in atto una strage ingiustificabile è evidente.
Che le persone oneste vogliano far di tutto per interromperla al più presto è comprensibile.
Tutte le iniziative mirate a questo scopo sacrosanto sono ugualmente efficaci? A mio sommesso avviso, no.
Ce ne sono di utili (più o meno) e di controproducenti (più o meno). Per distinguere le prime dalle seconde è necessaria qualche premessa.
Due premesse
(a) Il conflitto terroristico in corso non riguarda 2 popoli (ebraico e palestinese) ma 2 governi più o meno legittimi (Netanyahu e Hamas): si può essere solidali con gli ebrei e avversari del governo in carica, si può essere solidali con i palestinesi e avversari del governo in carica.
(b) Quando due soggetti litigano in maniera feroce (ancor più se c’è un’evidente sproporzione di forze), se il terzo osservatore ha la forza per interrompere la strage deve farlo immediatamente: salvare vite umane è la priorità assoluta. Come ipotesi esemplificativa, Gandhi stesso ammetteva che – se davvero non ci sono alternative – un omone che picchia a morte una ragazzina va bloccato anche con le armi. Aggiungeva che restare inerti a guardare “come va a finire”, è molto peggio che intervenire con la forza fisica.
(c) L’obiettivo ultimo dell’eventuale “terzo” in campo dev’essere comunque la ‘conversione’ (per ragioni o etiche o politiche o di mera convenienza utilitaristica) dei due soggetti in conflitto affinché la tregua immediata preceda una pace duratura perché giusta.
Che fare?
Ciò premesso, cosa fare in concreto?
(a) Se il “terzo” avesse la possibilità di pressare un bottone e distruggere i 2 ESERCITI in guerra, dovrebbe farlo senza distinguere “terrorismo” da “terrore di Stato” (senza stabilire livelli di criminalità o addirittura dando ad alcuni la patente di eroici partigiani o ad altri di intemerati patrioti).
(b) Se il “terzo” avesse la possibilità di pressare un bottone e distruggere i 2 POPOLI in guerra (o anche uno solo: oggi suppongo gli ebrei), non dovrebbe farlo perché sarebbe ingiusto e – in prospettiva – controproducente: “occhio per occhio rende il mondo cieco” (Gandhi).
(c) Poiché non esiste nessun “bottone” per distruggere i 2 ESERCITI in guerra, come DISARMARLI al più presto? Agendo per condizionare (se non è realistico scalzarli in tempi brevi):
• i governi in guerra
• i governi che li sostengono, finanziano, armano (ad esempio gli Stati Uniti d’America e i Paesi dell’Unione Europea che vedono Israele come avamposto dei loro interessi strategico-militari ed economici ai confini con i Paesi arabi a maggioranza musulmana; l’Iran che vede in Hamas il braccio armato del suo anti-sionismo)
(d) Al fine di condizionare i governi in guerra (Hamas e Netanyahu) bisogna ridurre al minimo i rispettivi consensi elettorali (quali che fossero al momento della loro elezione)lavorando sull’opinione pubblica palestinese e israeliana. Più precisamente:
• sostenendo con tutti i mezzi (anche finanziari) le opposizioni interne
• sostenendo in particolare i circoli e i movimenti (che già esistono!) nonviolenti che, a costo di processi e pene estreme, esercitano l’obiezione di coscienza sia rispetto al reclutamento dello Stato d’Israele sia rispetto al reclutamento di Hamas
• rivolgendosi a quelle maggioranze silenziose e impaurite (sia in Israele che in Palestina) che, poste dai rispettivi governi di fronte al falso aut-aut (o la resa o la distruzione del nemico in armi), restano paralizzate o propendono per la distruzione totale del nemico.
Le manifestazioni, i cortei, i concerti, le catene di digiuno, le veglie di preghiera, le fiaccolate, i sabotaggi di industrie e di navi…possono davvero convincere i palestinesi a “liberarsi” da Hamas e i cittadini israeliani a liberarsi da Netanyahu? E possono convincere gli italiani, gli europei, gli statunitensi a “liberarsi” dai propri stessi governi che dal 1948 a oggi hanno unilateralmente appoggiato Israele? A mio avviso, sino a quando saranno manifestazioni ‘totalitarie’ (a favore o contro tutta la Palestina, senza distinguere il popolo palestinese dai criminali terroristi di Hamas e a favore o contro tutto Israele, senza distinguere tra il popolo ebraico dai criminali che esercitano il terrore di Stato agli ordini dei partiti al potere) e ‘unilaterali’ (condividendo TUTTE le ragioni di una parte e negando TUTTE le ragioni dell’altra parte) le possibilità di scuotere le coscienze, di alterare gli attuali schieramenti parlamentari, di incidere nelle decisioni politiche che contano, sono vicine allo zero. L’opinione pubblica mondiale può risultare condizionante (sull’elettorato e sui governi dei Paesi in guerra) nella misura in cui riesce a comunicare l’equidistanza dai governi e l’equivicinanza ai popoli (anche se, in altre fasi, questi abbiano potuto contribuire con il voto o con l’astensione all’avvento al potere dei rispettivi governi).
Conclusione (parziale e provvisoria)
Agli storici del futuro il compito di ricostruire la storia medio-orientale degli ultimi 70 anni. A noi, qui ed ora, interessa che la maggior parte dei Paesi tolga immediatamente i rifornimenti militari al governo israeliano e ad Hamas, inviando almeno “caschi blu” dell’ONU (in attesa che si formino battaglioni disarmati di “caschi bianchi”); ma nessuno di essi lo farà se non costretto da una base elettorale quanto più compatta possibile. In democrazia (per quanto imperfetta e inquinata) la compattezza si raggiunge con la propaganda convincente (ad esempio spiegando che oggi i sionisti al governo dello Stato d’Israele stanno danneggiando la causa degli ebrei più di quanto siano riusciti decenni di anti-semitismo), non con le urla (per quanto sincere e comprensibili) delle opposte tifoserie. Se le manifestazioni, da sole, potessero cambiare le decisioni politiche, passerei da una manifestazione all’altra senza tornare a casa neppure la notte per dormire. Ma penso che la strategia efficace, senza scorciatoie, consista nel moltiplicare i luoghi del confronto ragionevole, documentato e pacato per tentare di convincere i sostenitori dei governi filo-israeliani (dunque quasi tutti i governi occidentali, compreso l’italiano) a minacciare di togliere il consenso elettorale se perseverano nella politica attuale.
Che le persone oneste vogliano far di tutto per interromperla al più presto è comprensibile.
Tutte le iniziative mirate a questo scopo sacrosanto sono ugualmente efficaci? A mio sommesso avviso, no.
Ce ne sono di utili (più o meno) e di controproducenti (più o meno). Per distinguere le prime dalle seconde è necessaria qualche premessa.
Due premesse
(a) Il conflitto terroristico in corso non riguarda 2 popoli (ebraico e palestinese) ma 2 governi più o meno legittimi (Netanyahu e Hamas): si può essere solidali con gli ebrei e avversari del governo in carica, si può essere solidali con i palestinesi e avversari del governo in carica.
(b) Quando due soggetti litigano in maniera feroce (ancor più se c’è un’evidente sproporzione di forze), se il terzo osservatore ha la forza per interrompere la strage deve farlo immediatamente: salvare vite umane è la priorità assoluta. Come ipotesi esemplificativa, Gandhi stesso ammetteva che – se davvero non ci sono alternative – un omone che picchia a morte una ragazzina va bloccato anche con le armi. Aggiungeva che restare inerti a guardare “come va a finire”, è molto peggio che intervenire con la forza fisica.
(c) L’obiettivo ultimo dell’eventuale “terzo” in campo dev’essere comunque la ‘conversione’ (per ragioni o etiche o politiche o di mera convenienza utilitaristica) dei due soggetti in conflitto affinché la tregua immediata preceda una pace duratura perché giusta.
Che fare?
Ciò premesso, cosa fare in concreto?
(a) Se il “terzo” avesse la possibilità di pressare un bottone e distruggere i 2 ESERCITI in guerra, dovrebbe farlo senza distinguere “terrorismo” da “terrore di Stato” (senza stabilire livelli di criminalità o addirittura dando ad alcuni la patente di eroici partigiani o ad altri di intemerati patrioti).
(b) Se il “terzo” avesse la possibilità di pressare un bottone e distruggere i 2 POPOLI in guerra (o anche uno solo: oggi suppongo gli ebrei), non dovrebbe farlo perché sarebbe ingiusto e – in prospettiva – controproducente: “occhio per occhio rende il mondo cieco” (Gandhi).
(c) Poiché non esiste nessun “bottone” per distruggere i 2 ESERCITI in guerra, come DISARMARLI al più presto? Agendo per condizionare (se non è realistico scalzarli in tempi brevi):
• i governi in guerra
• i governi che li sostengono, finanziano, armano (ad esempio gli Stati Uniti d’America e i Paesi dell’Unione Europea che vedono Israele come avamposto dei loro interessi strategico-militari ed economici ai confini con i Paesi arabi a maggioranza musulmana; l’Iran che vede in Hamas il braccio armato del suo anti-sionismo)
(d) Al fine di condizionare i governi in guerra (Hamas e Netanyahu) bisogna ridurre al minimo i rispettivi consensi elettorali (quali che fossero al momento della loro elezione)lavorando sull’opinione pubblica palestinese e israeliana. Più precisamente:
• sostenendo con tutti i mezzi (anche finanziari) le opposizioni interne
• sostenendo in particolare i circoli e i movimenti (che già esistono!) nonviolenti che, a costo di processi e pene estreme, esercitano l’obiezione di coscienza sia rispetto al reclutamento dello Stato d’Israele sia rispetto al reclutamento di Hamas
• rivolgendosi a quelle maggioranze silenziose e impaurite (sia in Israele che in Palestina) che, poste dai rispettivi governi di fronte al falso aut-aut (o la resa o la distruzione del nemico in armi), restano paralizzate o propendono per la distruzione totale del nemico.
Le manifestazioni, i cortei, i concerti, le catene di digiuno, le veglie di preghiera, le fiaccolate, i sabotaggi di industrie e di navi…possono davvero convincere i palestinesi a “liberarsi” da Hamas e i cittadini israeliani a liberarsi da Netanyahu? E possono convincere gli italiani, gli europei, gli statunitensi a “liberarsi” dai propri stessi governi che dal 1948 a oggi hanno unilateralmente appoggiato Israele? A mio avviso, sino a quando saranno manifestazioni ‘totalitarie’ (a favore o contro tutta la Palestina, senza distinguere il popolo palestinese dai criminali terroristi di Hamas e a favore o contro tutto Israele, senza distinguere tra il popolo ebraico dai criminali che esercitano il terrore di Stato agli ordini dei partiti al potere) e ‘unilaterali’ (condividendo TUTTE le ragioni di una parte e negando TUTTE le ragioni dell’altra parte) le possibilità di scuotere le coscienze, di alterare gli attuali schieramenti parlamentari, di incidere nelle decisioni politiche che contano, sono vicine allo zero. L’opinione pubblica mondiale può risultare condizionante (sull’elettorato e sui governi dei Paesi in guerra) nella misura in cui riesce a comunicare l’equidistanza dai governi e l’equivicinanza ai popoli (anche se, in altre fasi, questi abbiano potuto contribuire con il voto o con l’astensione all’avvento al potere dei rispettivi governi).
Conclusione (parziale e provvisoria)
Agli storici del futuro il compito di ricostruire la storia medio-orientale degli ultimi 70 anni. A noi, qui ed ora, interessa che la maggior parte dei Paesi tolga immediatamente i rifornimenti militari al governo israeliano e ad Hamas, inviando almeno “caschi blu” dell’ONU (in attesa che si formino battaglioni disarmati di “caschi bianchi”); ma nessuno di essi lo farà se non costretto da una base elettorale quanto più compatta possibile. In democrazia (per quanto imperfetta e inquinata) la compattezza si raggiunge con la propaganda convincente (ad esempio spiegando che oggi i sionisti al governo dello Stato d’Israele stanno danneggiando la causa degli ebrei più di quanto siano riusciti decenni di anti-semitismo), non con le urla (per quanto sincere e comprensibili) delle opposte tifoserie. Se le manifestazioni, da sole, potessero cambiare le decisioni politiche, passerei da una manifestazione all’altra senza tornare a casa neppure la notte per dormire. Ma penso che la strategia efficace, senza scorciatoie, consista nel moltiplicare i luoghi del confronto ragionevole, documentato e pacato per tentare di convincere i sostenitori dei governi filo-israeliani (dunque quasi tutti i governi occidentali, compreso l’italiano) a minacciare di togliere il consenso elettorale se perseverano nella politica attuale.
Augusto Cavadi
Nessun commento:
Posta un commento