MANUALE PER VIP
Rubrica a cura di Augusto Cavadi

Augusto Cavadi, Manuale per Vip
«Eh, no! Mi dispiace. Se vi siete incuriositi a questa nuova rubrica perché immaginate che parli di questo o quel Vip (dall'inglese "very important person"), rimarrete delusi. Niente pettegolezzi, indiscrezioni, dicerie: l'ottanta per cento della carta stampata e delle televisioni ne è già zeppa! Ho voluto scegliere questa sigla, invece, come abbreviazione di "Vivere in pienezza"...»
Dal post introduttivo ►
CENETTE FILOSOFICHE PER NON... FILOSOFI
(DI PROFESSIONE)
Rubrica a cura di Augusto Cavadi

Augusto Cavadi, Cenette Filosofiche
Nel 2003 alcuni partecipanti abituali alle “Vacanze filosofiche” estive¹, e residenti nella stessa città (Palermo), abbiamo esternato il desiderio di incontrarci anche nel corso dell’anno, tra un’estate e l’altra. Da qui l’idea di una cenetta quindicinale presso lo studio legale di uno di noi, Pietro Spalla, che si sarebbe incaricato di far trovare un po’ di prodotti da forno e qualche bevanda. Appuntamento alle ore 20:00 (in martedì alterni) per accogliersi a vicenda e mangiucchiare ciò che si trova sulla tavola: dalle 20:30 alle 22:00, poi, lo svolgimento dell’incontro.

La metodologia che abbiamo adottato è molto semplice: chiunque del gruppo propone un testo che si presti ad essere letto in chiave di filosofia-in-pratica (dunque non solo un classico del pensiero filosofico, ma anche un romanzo o un trattato di psicologia, un saggio di astrofisica o di botanica) e, se la maggioranza lo accetta, diventa nelle settimane successive il testo-base delle conversazioni. In esse non sono graditi gli approfondimenti eruditi (tipici dei seminari universitari) perché si vorrebbe dare spazio alle riflessioni personali, alle risonanze esistenziali e alle incidenze sociopolitiche, suggerite dal testo adottato. Uniche condizioni per la partecipazione: aver letto le pagine del libro che il gruppo si assegna di volta in volta per la riunione successiva (se non si fosse riusciti a farlo in tempo, si è pregati di assistere in silenzio) e intervenire evitando i toni polemici nei confronti dei presenti che abbiano espresso convinzioni, esperienze, ipotesi interpretative differenti dalle proprie².

La pandemia del Covid-19 ha costretto la piccola comunità di ricerca filosofica a sospendere gli incontri in presenza e a sostituirli con sessione in video-conferenza: certamente una riduzione della qualità delle relazioni fra i partecipanti, ma anche l’apertura di possibilità sino a quel momento inesplorate. Così amiche e amici di varie regioni italiane si sono collegati via internet e questa modalità di interazione ha finito col sostituire del tutto le cenette in presenza. Ci si vede direttamente alle 20:30 collegandosi mediante un link che Pietro Spalla trasmette a chiunque faccia richiesta di essere incluso nell’apposita mailing list (spalla.pietro@gmail.com).

La mailing list è diventata, sempre più, un luogo di scambi tra una cenetta e la successiva: scambi di opinioni, di commenti, di suggerimenti bibliografici, di battute umoristiche, di informazioni su eventi culturali... In questa molteplicità di interventi occasionali, non ne mancano alcuni meno estemporanei, di una certa consistenza e di un certo rilievo, che probabilmente meritano di non essere seppelliti nelle ondate di e-mail che si accavallano di giorno in giorno (talora di ora in ora).

Da qui l’idea di aprire in questo blog – www.filosofiaperlavita.it – un’apposita rubrica – “Cenette filosofiche per non... filosofi (di professione)” – che metta a disposizione, per un lasso di tempo più lungo e soprattutto per un pubblico potenzialmente più ampio, i contributi che i sostenitori finanziari della rubrica riterranno opportuno segnalare³.

Augusto Cavadi


¹ Cfr. https://vacanze.filosofiche.it
² Cfr. “Cenette filosofiche” in A. Cavadi, Mosaici di saggezze. Filosofia come nuova antichissima spiritualità, Diogene Multimedia, Bologna 2016, pp. 282-284.
³ Attualmente i rimborsi delle spese di gestione di questa rubrica sono sostenuti da Caccamo A., Cavadi A., Chiesa L., Cillari E., D’Angelo G., D’Asaro M., Di Falco R., Enia A., Federici G., Galanti M., Gulì A., Leone R., Oddo G., Palazzotto A., Paterni M., Randazzo N., Reddet C., Salvo C., Spalla P., Spalla V., Santagati G., Ugdulena G., Vergani B., Vindigni E. Chi desiderasse aggiungersi al numero dei sostenitori può contattarmi alla e-mail a.cavadi@libero.it

29 novembre 2017

Manlio Sgalambro secondo Miccione and Friends

In rete, nello spazio www.sfi.it, potete scaricare gratuitamente una rivista di didattica della filosofia dal titolo “Comunicazione filosofica”. Nell’ultimo numero (39) è ospitata anche una mia RECENSIONE a

Manlio Sgalambro. Breve invito all’opera.
Davide Miccione (a cura di), "Manlio Sgalambro. Breve invito all’opera". Lettere da Qalat, Caltagirone (Catania) 2017, pp. 197, euro 15,00.

Quel poco che conoscevo di Manlio Sgalambro non mi aveva stuzzicato il desiderio di saperne di più. Ma l’incontro con questo bel libro a quattro firme (Manlio Sgalambro. Breve invito all’opera, a cura di Davide Miccione, Lettere da Qalat, Caltagirone 2017, pp. 197, euro 15,00) mi ha indotto a cambiare idea e a constatare che, davvero, ora che è morto, “tra i tanti esemplari umani ormai riducibili a pochi tipi, e noiosamente ritornanti sul proscenio del presente, Sgalambro spicca sempre di più” (p. 8).
Il primo capitolo, di Davide Miccione, è dedicato a I molti nomi del filosofo o, come spiega meglio il sottotitolo, a delineare La figura del pensatore in Manlio Sgalambro. Più che in positivo, tale figura viene ricavata in negativo, sulla base delle idiosincrasie del pensatore siciliano: non è un accademico né un docente di scuola dal momento che – secondo la sintesi efficace di Miccione – per Sgalambro “lo spirito soffia dove vuole, ma non in un’aula” (p. 30);  non è un erudito (“In filosofia non è ammessa ‘cultura’. Il corpo a corpo con lo spirito è un’altra cosa. Cultura è ciò che resta dopo che lo spirito se ne è andato”, p. 31); vive appartato e solitario; pericoloso per l’uomo comune almeno quanto l’uomo comune lo è per il filosofo; dedito a un sapere che – del tutto controcorrente – è “luogo delle certezze e non dei dubbi, della chiusura nel sistema come forma ideale, del rifiuto di una storia della filosofia, del rifiuto dell’ermeneutica, insomma del rifiuto di tutte quelle dimensioni che possono permetterci di articolare la convivenza tra filosofie diverse senza postulare che ve ne possa essere solo una” (p. 36). Il filosofo è “chierico” (p. 38), “teologo” (p. 40) sia pure di una religione empia, “conoscitore”  e “avventuriero” (p. 44), “scrittore di filosofia” o, per essere più precisi, dell’“opera filosofica” (p. 48).
Ma quali sono i contenuti precipui di quest’opera filosofica sgalambriana? Nel suo saggio Manlio Sgalambro: pessimismo e misoteismo Salvatore Ivan D’Agostino individua due principali linee teoretiche: “il pessimismo di derivazione schopenhaueriana” (p. 51) e l’“odio per Dio” (p. 61) che è spesso “una reazione emozionale alla sindrome di Stoccolma religiosa secondo la quale siamo costretti più o meno consapevolmente ad amare l’essere (supposto) che ci tiene in miseria, ci fa soffrire ed alla fine immancabilmente ci uccide” (p. 76). Da queste due matrici si generano diversi frutti, più o meno avvelenati, tra cui l’“antinatalismo” (per usare l’etichetta di David Benatar) o, più semplicemente, la tesi che non nascere è da ogni punto di vista preferibile a nascere.
Sgalambro ha affidato la sua filosofia anche alle composizioni in versi: di queste si occupa, con fine erudizione, Giovanni Miraglia nel suo Caravanserraglio d’argomenti. Manlio Sgalambro o della impoesia. Al suo sguardo il pensatore di Lentini appare come un antico greco per il quale “non v’erano precisi confini tra pensiero astratto, scienza, musica e letteratura” (p. 85). Ma se allora la poesia poteva aspirare a una funzione religiosa o civica, Sgalambro si dedica invece a sopprimere ogni “funzione salvifica”, “in primis per mezzo dell’ironia” (p. 91). Un’ironia che giunge dalle “lande teutoniche, forgiata nella fucina romantica e idealistica” e avente “il suo perno nel comico come frutto della contraddizione” o, per dirla con Kant, “il dissolversi nel nulla di un’attesa vivissima” (p. 94). Miraglia ripercorre con dovizia di collegamenti le “quattro stazioni” in cui è “scandito il cammino impoetico di Manlio Sgalambro” (p.83): ma, in questa sede, non possiamo che rimandare alle sue pagine così dotte.
Il quarto e ultimo saggio del volume (Un cavaliere dell’intelletto: Manlio Sgalambro), di Cosimo Cucinotta, esamina il testo del libretto di un’opera lirica – Il cavaliere dell’intelletto, appunto – dedicata a Federico II, nell’ottavo centenario della nascita, che il filosofo siciliano scrisse per Franco Battiato. La figura del sovrano svevo-normanno che emerge è complessa almeno come pare sia stata storicamente: “si dichiara consapevole della natura della Verità, una natura effimera e leggera come quella di una cortigiana, che i ragionamenti del filosofo possono solo corteggiare, laddove l’autorità imperiale la possiede totalmente, poiché essa è cosa da re non da filosofo” (pp. 109-110). Sul finire dell’opera, Federico II proclama il “suo messaggio estremo: tra il nascere e il morire – i soli momenti reali – si svolge un sogno ininterrotto da qualche brivido di veglia. Ogni sua azione non è stata altro che un gesto vuoto e senza significato, un guscio arido. L’eroe che ha sempre creduto di agire comprende, rimasto solo sulla scena, che anche l’azione evapora nel nulla e che non gli è stato dato altro destino che non fosse la consapevolezza estrema di essersi vanamente agitato. Il suo impero è stato anch’esso un sogno, destinato a cadere in rovina, un progetto nel cui divenire si occultava la morte e di  cui sopravvivono solo le parole friabili di cui era fatto: solo le parole restano” (pp. 123-124).

Augusto Cavadi

Condividi:

3 novembre 2017

Siamo tutti malati?

Filosofia per la vita - Benessere

Sono in tanti a lanciare segnali di allarme. Nell’ultimo numero di "D" (il settimanale di Repubblica), Umberto Galimberti, in risposta a un lettore che lamenta la medicalizzazione sempre più diffusa degli studenti, non solo sottolinea il dilagare, nella scuola, di diagnosi di disturbi di apprendimento o di deficit di attenzione, ma allarga lo sguardo all’intera società e ne coglie i mutamenti nel cambiamento del linguaggio sempre più impregnato di psicologismo.
Siamo tutti stressati, la timidezza è diventata “ansia sociale”, i bambini particolarmente vivaci sono etichettati come “iperattivi”, se perdiamo lavoro abbiamo bisogno di assistenza psicologica, lo studente che viene bruscamente richiamato per una mancanza, ne risulta traumatizzato.
Un trauma non si nega a nessuno.
Nuove sintomatologie, per la precisione 550, sono state inserite nella quinta edizione (2013) del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), pubblicato per la prima volta nel 1954.
In sintesi: siamo tutti fragili e abbiamo tutti bisogno di cura. O forse no. Ci sono i vincenti, coloro che hanno successo. A parte che si fa fatica a considerare sani certi personaggi potenti (qualcuno li definisce psicopatici di successo), occorre considerare che per mantenere il successo, in una società ‘liquida’, in rapido cambiamento, hanno anche loro bisogno di qualche supporto (medico, psicologico?).
Niente paura. Un esercito di medici e di psicologi provvede a questo. Il consumo di ansiolitici e antidepressivi è in costante crescita e le diagnosi di problemi psicologici, anche. Perfettamente in linea con questo orientamento è il Disegno di legge che propone l’istituzione della figura professionale dello psicologo in ogni scuola. Un aiuto per studenti e docenti “fragili”.
Che cosa nasconde tutto questo? Il sociologo Furedi nel libro “Il nuovo conformismo”, citato da Galimberti, sostiene che la diffusione di “un’etica terapeutica” risponde a una esigenza di omologazione del “pensare” e soprattutto del “sentire”. Per di più il controllo sociale così realizzato è anche percepito come rassicurante.
Viviamo in una società fondata sui miti dell’efficienza, dell’affermazione personale e dell’immagine, che esalta il principio di prestazione; chi è perdente è perduto. Da qui l’aggressività dell’individuo nei confronti di chi mette in dubbio le sue capacità e il dilagare delle denunce nei confronti di chi lo pone di fronte ai suoi limiti (ne sanno qualcosa gli insegnanti e anche i medici; non è più accettabile neanche il limite estremo: la morte). La reazione aggressiva sembra sia diventata la norma.
L’omologazione di cui parla Furedi è una omologazione culturale per cui risulta estremamente difficile ‘pensare altrimenti’, riflettere sulle idee che hanno invaso la  mente e la possiedono.
Si sente spesso dire che le ideologie sono morte, in realtà ne è rimasta una sola, quella che Pierre Bourdieu ha definito “pensiero unico”, una ideologia della privatizzazione per cui ciò che accade a ogni singolo individuo dipende dalla sua personale scelta e il mancato riconoscimento sociale deriva dalla sua inadeguatezza. Come dice Habermas: “Si vede oggi la tendenza di una società sempre meno solidale che spinge ad accettare come normale e ovvio un egoismo razionalista che con gli imperativi del mercato è penetrato fin dentro i pori di un ambiente di vita colonizzato”.¹

Filosofia per la vita - Psicologia

Esistono però dei tentativi che vanno in un’altra direzione. Partendo dalla consapevolezza della complessità e della difficoltà del compito, un grande psicologo come il prof. Mario Bertini si è dedicato negli ultimi anni alla critica del modello malattia e alla promozione della salute. Salute intesa non soltanto come assenza di malattia, ma come stato di benessere fisico, psichico, sociale e spirituale.
É un vero e proprio cambiamento di paradigma che chiama in causa medici, psicologi, politici, economisti e filosofi. Non basta un aumento del PIL per stare bene perché, come sottolinea Gadamer, “la salute non è semplicemente un sentirsi, ma un esserci, un essere nel mondo, un essere insieme agli altri uomini ed essere occupati attivamente e gioiosamente dai compiti particolari della vita”.² La parola “terapia” nel lessico di Bertini è sostituita da “promozione delle risorse”. Il lessico è importante (le parole danno forma al nostro mondo) e in questo caso la parola indica che occorre focalizzare l'attenzione non sul problema, ma sulle potenzialità della persona. Promuovere significa “muovere verso” e contiene il concetto di sviluppo e relazionalità.
La psicologia, nata dalla filosofia, per acquisire uno statuto scientifico si è avvicinata alla medicina, intesa, in Occidente, come cura delle malattie e ne è stata profondamente influenzata. Il modello terapeutico, che sottende che c’è qualcosa di patologico da correggere, è prevalso e ha invaso ogni campo.
Per percorrere la strada della salute, Bertini suggerisce un’apertura di dialogo della psicologia con le scienze umane e in particolare con la filosofia, perché la salute positiva non è solo una questione medica, è soprattutto una questione filosofica. Il pensiero filosofico che attraversa la storia dell’umanità è “una fonte indispensabile di ispirazione per chi voglia individuare le tracce della good life”.³

Anna Colaiacovo


¹ J. Habermas, La Repubblica, 27/12/2010
² Hans-Georg Gadamer, Cortina, 1993, pag. 122
³ M. Bertini, Psicologia della salute, Cortina, 2012, pag. 364
Condividi:

19 settembre 2017

Profondità marine e tenerezza celeste: Augusto Cavadi a Bergamo e dintorni, 20 e 21 settembre 2017


Augusto Cavadi: filosofo in pratica, pubblicista su "La Repubblica" di Palermo, svolge attività professionale e attività di volontariato culturale che si realizza, principalmente, tramite la Scuola di formazione etico-politica ‘G. Falcone’ da lui fondata nel 1992 per offrire - ai cittadini interessati ad impegnarsi contro la mafia e per la partecipazione democratica - occasioni di maturazione intellettuale e morale. Numerosi gli scritti, tra i quali un recentissimo volumetto:

"Il mare, com’è profondo il mare..."
(Diogene Multimedia, Bologna 2017)

che presenterà a

Curno (BG), presso la Biblioteca Comunale
Piazza Papa Giovanni XXIII, 20
Mercoledì 20 settembre 2017, ore 20.30


Ingresso libero e gratuito

Info: biblioteca@comune.curno.bg.it - Tel. 035 603009



Augusto Cavadi, filosofo-consulente di Palermo, è anche teologo laico (socio dell'Associazione teologica italiana) e autore di vari saggi, tra cui: In verità ci disse altro; Oltre i fondamentalismi cristiani; Non lasciate che i bambini vadano a loro; Chiesa cattolica e abusi su minori; Mosaici di saggezze - Filosofia come nuova e antichissima spiritualità. Quest'anno ha pubblicato anche:

"Tenerezza - Hanna Wolff e la rivoluzione
(incompresa) di Gesù"
(Diogene Multimedia, Bologna 2017)

che presenterà a

Bergamo, presso la Comunità di San Fermo in Bergamo
Via Santi Maurizio e Fermo, 11
Giovedì 21 settembre 2017, ore 21


Ingresso libero e gratuito

Condividi:

16 settembre 2017

Filosofare con bambini: il “Cerchio della parola”

Filosofia per la vita - Il cerchio della parola

Davide Ubizzo - Esperienze di pratica filosofica per lo sviluppo delle competenze sociali e di cittadinanza attiva

Durante questa estate 2017 ho collaborato con la Cooperativa Sociale Itaca di Pordenone che gestisce i Centri Estivi comunali di Cavallino Treporti e altri servizi sociali nel territorio veneziano dove vivo. Il progetto “Discovery Camp 2017”, attivato tra luglio e agosto, prevedeva diverse attività rivolte ai bambini tra i cinque e i dieci anni d’età: laboratori, giochi, uscite e gite, attività legate alla creatività e alla pittura e feste con le famiglie. La responsabile del progetto, dott. Serafini, memore dei Laboratori e i Caffè filosofici che regolarmente gestisco da alcuni anni (rivolti a giovani e adulti) nel territorio - nell’ambito delle attività culturali programmate dall’amministrazione locale - mi ha proposto di pianificare e gestire attività con i bambini legate al dialogo, alla condivisione e al pensiero critico.
Condividi:

15 settembre 2017

"La filosofia in azienda e nelle organizzazioni" - Saperi, Strategie e Pratiche Filosofiche - Milano, 7-8 ottobre 2017

Filosofia per la vita - La filosofia in azienda e nelle organizzazioni

Workshop

LA FILOSOFIA IN AZIENDA E
NELLE ORGANIZZAZIONI
Saperi, Strategie e Pratiche Filosofiche

Sabato 7 e Domenica 8 ottobre 2017
c/o SpazioPin, Viale Monte Santo 5, Milano
(fermata metro Repubblica)




PRESENTAZIONE

La filosofia e le organizzazioni rappresentano due mondi apparentemente lontani e indifferenti, se non addirittura ostili. E’ venuto il momento di superare questa reciproca estraneità. Che cosa avvicina la filosofia alle organizzazioni? Certamente la sua millenaria vocazione teorica che la porta a indagare e riflettere criticamente sulle forme dell’agire personale e professionale nei contesti organizzati. Ma non solo. La filosofia mette in campo i suoi saperi, metodi e strumenti per affrontare le problematiche specifiche che affliggono le persone e le organizzazioni in un contesto socio-economico complesso come quello attuale, rimettendo al centro concetti come: senso, responsabilità, riflessività, etica, valori.



OBIETTIVI

Il workshop offre nuovi strumenti e metodologie per pensare alle organizzazioni e per affrontare le problematiche che le abitano. Verranno offerte nuove categorie interpretative per leggere il mondo del business e la pratica manageriale. Si farà esperienza di metodologie e strumenti per prendere decisioni, vivere le relazioni e risolvere i problemi... con la filosofia.



PROGRAMMA

Sabato 7 ottobre
Ore  9,30 - 10,00: La Filosofia nelle "agorà" della Tecnica. Vecchie e nuove strategie del Filoso-fare
Luca Nave
Ore 10,00 - 13,00: Reflective Management: le competenze filosofiche nelle organizzazioni
Stefania Contesini
Pausa pranzo
Ore 14,30 - 16,00: Laboratorio di Dilemma training
Paolo Cicale
Ore 16,15 - 18,00: Valore e mercato delle Pratiche Filosofiche: esperienze e valutazioni
Paolo Cervari

Domenica 8 ottobre
Ore  9,30 - 13,00: Phi.N.L. Tra mappe, territori e visioni del mondo da esplorare con la filosofia
Valerio Biandino, Maddalena Bisollo, Luca Nave
Pausa pranzo
Ore 14,30 - 16,00: Dove vai se non sai chi sei: lavorare sull’identità aziendale con le pratiche filosofiche
Elena Paccagnella
Ore 16,15 - 18,00: La gestione filosofica del rischio
Roberto Mazza



COSTI E CONVENZIONI

90,00 euro* (include partecipazione al week end in aula e l'invio dei materiali e dei progetti presentati).
Speciale convenzione: Spazio Filosofante, Assiotea, Metis, Sucf, Ce.Se.Di. e studenti dei Master in Consulenza Filosofica: 70,00 euro*
Socie e Soci Pragma: Iscrizione gratuita (il workshop vale 16 "Pragma-crediti").

(*) La quota di iscrizione al workshop include l'iscrizione all'Associazione "Pragma. Società Professionisti Pratiche Filosofiche" in qualità di "socio sostenitore".



ISCRIZIONE

Inviare una mail, entro il 3 ottobre a: segreteria.pragma@gmail.com
Condividi:

14 settembre 2017

Cos'è una passeggiata filosofica?


L’esistenza di ciascuno di noi può anche essere letta come una passeggiata, più o meno lunga e più o meno allegra, dalla culla alla tomba. L’essere umano – è stato più volte notato – è un viator, un nomade, un migrante: solo quando dimentica questa sua condizione di base, vuole fermarsi e mettere radici. Con qualche vantaggio e molti svantaggi.
La pratica filosofica che, da molti anni, mi piace denominare “passeggiata filosofica” intenderebbe ricordarci che la vita può e deve conoscere soste, ma come tappe di un cammino di esplorazione, di ricerca, di scoperta, di confronto.
Questa pratica, infatti, ci coinvolge – in estrema semplicità – sin dalla nostra più elementare corporeità: ci si raduna in un luogo; il filosofo suggerisce in pochi minuti un tema di riflessione; il gruppo si avvia in silenzio per una decina di minuti verso la prima tappa dove, chi vuole, esterna agli altri qualche pensiero maturato; si passa quindi a una seconda tappa dove, nuovamente, chi vuole socializza ciò che gli è venuto in mente durante la meditazione ambulante; infine si raggiunge una terza e definitiva tappa dove avviene l’ultimo scambio di intuizioni.
E’ dunque una pratica in cui esercitare vari atteggiamenti tipicamente filosofici: il silenzio (fisico e interiore); l’ascolto rispettoso dei pensieri altrui; l’elaborazione di propri pensieri originali; la sintonia corporea con il passo degli altri, evitando le fughe in avanti come di isolarsi restando troppo indietro.

La prossima passeggiata filosofica è prevista sabato 30 settembre 2017 a Lercara Friddi (Palermo) nell’ambito di “Madore filosofi fest” ("Week-end di filosofia per non…filosofi”).
Appuntamento a Palazzo Sartorio alle ore 16,00.
Il programma completo con tutte le indicazioni tecniche lo trovate su questo blog, cliccando QUI. Per altre informazioni scrivere a g.furnari55@gmail.com o telefonare al 328.5907127.


Augusto Cavadi
Condividi:

11 settembre 2017

La natura e noi umani

Filosofia per la vita - Monte Morrone
Monte Morrone, nel cuore del Parco Nazionale della Majella (Abruzzo),
devastato nell’estate 2017 da numerosi incendi dolosi

Per tanti aspetti è vera l’affermazione che la nostra cultura ha radici nel mondo greco. Non lo è però per quanto riguarda il nostro rapporto con la natura. La mitologia greca, che fa scaturire le entità primordiali, in primo luogo Gea, dal Caos, attribuisce alla natura caratteri sacri e colloca l’uomo all’interno di un ordine cosmico regolato da leggi eterne: ogni elemento della realtà ha una sua funzione e un suo posto preciso nel cosmo. L’equilibrio che ne scaturisce però è  precario, le forze del caos possono risorgere sempre. Per questo l’errore più grande agli occhi dei greci è la hybris (tracotanza, arroganza) che induce gli uomini a non saper restare al proprio posto all’interno del cosmo. La frase più celebre di tutta la cultura greca è ‘Conosci te stesso’. Accanto ad essa, sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, ce n’era un’altra: ‘Nulla di troppo’. Che cosa significa? Che, per quanto riguarda l’essere umano, occorre conoscere la propria natura ovvero i propri limiti e le proprie possibilità, perché il limite non è inscritto nella natura umana, e allora va continuamente cercato, ma sempre nel rispetto di una natura considerata dai greci sacra e inviolabile.

Questa visione del cosmo come armonia (precaria) e dell’uomo che è inscritto nell’ordine del mondo e ne deve rispettare le regole, pena la furia degli dei (ricordiamo il grande mito di Prometeo), cambia con la concezione ebraico-cristiana che pone l’uomo al vertice del creato e la natura al suo servizio.

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.¹

Nella storia del cristianesimo soltanto Francesco d’Assisi dimostra, con le parole e con gli atti, di amare in maniera incondizionata la natura e di sentire un profondo senso di fratellanza nei confronti di tutte il creature. Ma la direzione indicata da Francesco per un lungo periodo non ha avuto fortuna, mentre si è affermato l’antropocentrismo, che, sostenendo la superiorità dell’essere umano (unica creatura dotata di anima rispetto agli altri viventi) ha separato di fatto l’uomo dalla natura e ha preparato il terreno a una visione come quella cartesiana che riduce la natura a res extensa (pura materia retta da leggi meccaniche), territorio in cui l’uomo, con lo sviluppo senza limiti della tecnica, sperimenta la sua potenza.

La conoscenza della natura e la tecnica finiranno con il “renderci quasi signori e padroni della natura”.²

Alla base di questa visione che ha dominato gli ultimi secoli ci sono: l’idea della natura come una grande macchina dalle risorse inesauribili; la convinzione che il benessere  sia legato al possesso del maggior numero di ‘cose’; la tendenza a rifiutare ogni limite, anzi l’esortazione ad andare oltre i limiti. La logica sottesa alla cultura del macchinismo è di tipo lineare: ogni problema all’interno di una macchina può essere spiegato e risolto individuando ciò che  in alcune sue parti non funziona, a prescindere dal contesto e dall’ambiente circostante.
Oggi, però, sappiamo che il mondo e l’uomo sono organismi complessi e occorre ragionare in termini di sistema, non più di singole parti. Cultura della complessità significa che un insieme è formato di parti totalmente intrecciate tra di loro e che non sono le parti prese in sé ad essere caratterizzanti ma il processo di relazioni che incessantemente si creano tra di esse e ogni intervento su una parte comporta una serie di eventi che presto diventano imprevedibili.

La cultura della complessità però fatica a imporsi. L’artificialità dei nostri modelli di vita ci ha allontanato dai cicli naturali e dalla consapevolezza che risorse per noi essenziali come l’acqua sono esauribili; solo le catastrofi ambientali ci fanno improvvisamente rendere conto della precarietà della nostra condizione e della nostra dipendenza dalla natura di cui non siamo padroni. Per affrontare questi problemi è necessario soprattutto un cambiamento culturale, una consapevolezza dell’essere tutti parte di una casa, la Terra, che mostra segni visibili di grande sofferenza. Una consapevolezza evidente nell'enciclica di Papa Francesco, Laudato si’, che, richiamandosi alla potente figura di Francesco d'Assisi e partendo dalla convinzione che ‘tutto nel mondo è intimamente connesso’, ci invita al rispetto di ogni creatura che abita la nostra casa comune, “sora nostra madre terra”.

Anna Colaiacovo


¹ Genesi 1, 27-28
² Cartesio, Discorso sul metodo, Editori Riuniti, Roma, 1978, pag. 110
Condividi:

4 settembre 2017

"Madore in (Filo)Fest": Festival della filosofia-di-strada a Lercara Friddi (Palermo), I edizione 30/9 - 1/10/2017

Filosofia per la vita - Madore in (Filo)Fest - Lercara Friddi
Lercara Friddi (Palermo)

COMUNE DI LERCARA FRIDDI (PA)
ASSOCIAZIONE SEGNI E SOGNI (LERCARA FRIDDI)
SCUOLA DI FORMAZIONE ETICO-POLITICA “GIOVANNI FALCONE” (PALERMO)
GRUPPO EDITORIALE “DI GIROLAMO” (TRAPANI)
FATTORIA SOCIALE “MARTINA E SARA” (BRUCA - TP)

organizzano

MADORE IN (FILO)FEST
I edizione del Festival della filosofia-di-strada di Lercara Friddi (Palermo), Sabato 30 Settembre e Domenica 1° Ottobre 2017
In vicinanza d’affetti con Anita Furnari




IL SENSO DELL'EVENTO

La filosofia è una materia scolastica che può piacere o meno (anche a seconda dell’insegnante). Ma, nella sua essenza, è desiderio di capire se stessi, il mondo, la società; di ragionare con la propria testa; di agire liberamente e responsabilmente nella storia. In questo senso è un diritto-dovere di ogni persona umana, indipendentemente dai titoli di studio e dall’età. Questa I edizione del Festival della filosofia-di-strada vuole essere un’occasione per far assaporare la filosofia come occasione di crescita civile per tutti e per tutte.



PROGRAMMA

Sabato 30 settembre
Ore 14,00 - 15,30: Accoglienza e registrazione partecipanti presso Palazzo Sartorio.
Per chi avesse bisogno di ospitalità: scrivere a Pippo Furnari (g.furnari55@gmail.com / cell. 328 5907127)
Ore 16,00: Trasferimento da Palazzo Sartorio all’insediamento sicano di Colle Madore - Partenza della passeggiata filosofica con Augusto Cavadi.
Ore 18,00: Palazzo Sartorio - Tavola rotonda aperta agli interventi dei presenti con Augusto Cavadi, Alberto Biuso, Orlando Franceschelli, Giorgio Gagliano.
Il dono: ricchezza per chi dà o per chi riceve?
Ore 20,30: Palazzo Sartorio - Convito con degustazione guidata di cibi locali*

Domenica 1° ottobre
Ore 10,00 - 12,00: Si può scegliere di partecipare a uno dei tre incontri di con-filosofia (che si svolgeranno in contemporanea in tre luoghi differenti):
• Piazza Macello - Meditazione condivisa con Orlando Franceschelli su Leo Tolstoj: pensieri sulla vita e sulla felicità
• Palazzo Sartorio - Meditazione condivisa con Alberto G. Biuso su Vivere con pienezza: per una spiritualità pagana
• Scalinata San Francesco - Meditazione condivisa con Giorgio Gagliano su Dio o non Dio?
Ore 12,15 – 13,30: Visita guidata alle ex-miniere di zolfo di Lercara Friddi (partenza da Palazzo Sartorio)
Ore 13,45: Bar Pasticceria Vento - Convito con degustazione guidata di cibi locali*
Ore 16,00: Palazzo Sartorio - Proiezione del video “Tarantina taranta” di Antonino Prestigiacomo.
Dissertazione di Alberto G. Biuso su La taranta: musica, dolore, riscatto.
Spettacolo di musica e danza: la taranta (al violino Giorgio Gagliano, balla Linda Mongelli).
Ore 19,30: Palazzo Sartorio - Apericena di arrivederci con degustazione guidata di cibi locali*



AVVERTENZE TECNICHE

• Per partecipare a uno o più eventi culturali del week-end di “filosofia per non…filosofi” (di professione) è necessario iscriversi e portare con sé esposto il “pass” (costo euro 5,00; per chi si iscrive entro il 10 settembre euro 3,00)
• Chi volesse partecipare anche ai momenti conviviali contraddistinti da un asterisco (*) deve acquistare, per ogni pasto, un ticket di euro 12,00.
• Nel corso dei due giorni sarà possibile visionare degli stand dove saranno in vendita promozionale libri, riviste, oggetti di artigianato e cibi tipici.

Per ulteriori informazioni:
Biblioteca comunale: Tel. 091. 8247165
Pagina Facebook: Associazione Segni e Sogni
Email: g.furnari55@gmail.com
Cell. 328 5907127
Coordinamento organizzativo: architetto Pippo Furnari
Direzione scientifica: filosofo consulente Augusto Cavadi
Condividi:

26 agosto 2017

Seminario sulla Tenerezza, prima edizione - Loiano (Bologna), 23-24 settembre 2017

Filosofia per la vita - Marc Chagall
Marc Chagall, "Il compleanno"

Il senso di un Seminario sulla Tenerezza

Non si scopre nulla se si afferma che l’umanità ha sempre vissuto “tempi difficili” e che ha anche saputo esprimere in ogni situazione attenzione, rispetto, cura degli altri e tenerezza. Non c’è un momento buono per provare e praticare la tenerezza: ogni momento è buono. Anche la nostra società così fortemente competitiva ed escludente, affannata e spesso sull’orlo della disperazione ha bisogno di una forte dose di tenerezza, per se stessi e per gli altri. Gratuitamente. Chi esercita la tenerezza crea immediatamente un ambiente migliore e tempi meno difficili.
Un seminario sulla tenerezza deve provare ad essere “amichevole” e plurale. Per questa ragione avremo occasione di sentire voci ed esperienze diverse, e avremo anche tempi ragionevoli per poter ascoltare ed esprimerci senza fretta, fuori dal clima sempre più diffuso delle contrapposizioni e delle polemiche.
La misura e il rispetto degli altri saranno il primo dono che ogni partecipante dovrà portare.
Lo spirito della tenerezza è quello di creare ponti e relazioni positive, con uno slancio di simpatia preventiva, che non nega le differenze, ma sa farne una occasione di conoscenza e di bellezza.



Seminario sulla Tenerezza, prima edizione
Sabato 23 e Domenica 24 settembre 2017
Loiano (BO) - Sala del Comune “Maria Delle Donne”


Intervengono (in ordine di apparizione):

Karmen Ogulin, Assessora alla Cultura e alla Comunicazione etc. del Comune di Loiano;
Patrizia Carpani, Sindaca del Comune di Loiano;
Fabio Bonafé, ricercatore irregolare e autore;
Erika Giovanelli, formatrice nazionale di Telefono Amico Italia, Life Coach di tipo umanista;
Augusto Cavadi, “filosofo di strada”, teologo laico e autore di numerosi libri;
Marco Fregni, maestro di Tai Chi ed esperto di discipline orientali;
Silvia Di Luzio, cardiologa, ricercatrice ed autrice del libro “Il cuore è una porta”;
e naturalmente il pubblico partecipe, tutte le persone competenti di vita e sensibili che porteranno il proprio contributo di ascolto, condivisione e tenerezza.

PROGRAMMA

Sabato 23 settembre
Ore 10,00: Avvio della giornata, presentazioni e senso dell'iniziativa
(autorità e organizzatori)
Ore 10,30: Prima relazione e confronti
Il corpo della tenerezza (Fabio Bonafé)
Ore 13,00: Pranzo*
Ore 15,00: Seconda relazione e confronti
L’empatia in pratica (Erika Giovanelli)
Ore 17,00: Pausa
Ore 17,30: Terza relazione e confronti
La tenerezza secondo Hanna Wolff (Augusto Cavadi)
Ore 20,00: Cena*

Domenica 24 settembre
Ore  9,30: “Otto pezzi di broccato” (Marco Fregni)
(Qigong cinese, movimenti lenti per equilibrare corpo e mente, da fare con vestiti comodi)
Ore 10,30: Quarta relazione e confronti
Il cuore è una porta (Silvia Di Luzio)
Ore 12,30: Conclusioni e altri appuntamenti
Ore 13,00: Pranzo*
Nel pomeriggio chi non deve partire subito si può fermare a Loiano (e nei dintorni) per conversazioni in amicizia e senza affanno.

(*) Il seminario è aperto a tutti e senza costi di iscrizione. Si può prendere parte a tutto il programma o anche solo a singoli momenti, rispettando gli orari. Per motivi organizzativi sarebbe opportuno che chi intende partecipare segnalasse la sua presenza entro il 15 settembre scrivendo un sms al numero 329 7654920 o una mail a fabiobonafe@hotmail.com indicando nome e cognome e a quale momento del seminario intende essere presente. Chi è interessato può anche prenotarsi per pranzi o cena (costi contenuti, ma a carico dei partecipanti). Chi desidera pernottare a Loiano può rivolgersi alla Proloco di Loiano: www.prolocoloiano.com - Tel. 334 9977035.
Condividi:

7 agosto 2017

E se per le vacanze cercassimo un po' di pace?


Aspettiamo le ferie estive con comprensibile impazienza. Non sempre il bilancio consuntivo è adeguato, però, alle attese. Perché le vacanze, tanto agognate, possono deluderci? Forse perché le trascorriamo non come vorremmo veramente, ma come supponiamo che sia preferibile secondo i criteri dominanti nel nostro ambiente sociale. In effetti, per alcuni tipi antropologici, il quadrinomio sole-musica-alcool-risa funziona perfettamente (e su questi temi martellano gli esperti della pubblicità commerciale); ma ciò non significa che vadano bene per tutti né, ancor meno, che siano sufficienti per tutti. Può darsi che per qualcuno il sole sia gradito, ma ancor più gradito il fresco dei boschi; la musica sia apprezzabile, ma alternata a lunghe ore di silenzio; l’alcool non dispiaccia a fine giornata, ma non come strumento di socializzazione dalla mattina alla sera; le risa divertite siano preziose, ma come effetto di battute intelligenti e non come obbligo sociale per apparire in piena forma reprimendo sul nascere ogni sia pur minimo accenno di pensiero umanamente melanconico. Parafrasando un’espressione di Adriana Zarri (formulata in un contesto assai differente) direi che non ho nulla contro il sole, la musica, l’alcool e le risa: è il loro plesso, il loro intreccio, che mi preoccupa.

Potremmo dunque, prima di decidere la méta e lo stile delle nostre vacanze (ammesso che apparteniamo a quella fascia sempre più ristretta di famiglie che possono permettersene una fuori le mura domestiche) dedicare dieci minuti ad ascoltare il nostro animo più autentico per provare a rispondere alla domanda cruciale: che cosa desidero, davvero?

Potremmo scoprire che ciò che davvero vorremmo sarebbe trascorrere alcuni in giorni in pace. In un contesto naturalistico e storico incantevole, come Erice; con persone affabili, ma capaci di rispettare anche i nostri momenti di solitudine; con degli spunti di riflessione sapienziale su un tema eternamente intrigante, come l’amore in tutte le sue molteplici versioni, ma anche con spazi di silenzio meditativo in cui le parole altrui tacciono per fare emergere le nostre idee e mettere un po’ d’ordine fra di esse.
Per chi desiderasse una vacanza del genere un’occasione last minute (dalla sera del 18 agosto al pranzo del 24 agosto 2017) è rintracciabile sul sito vacanze.domandefilosofiche.it. E’ un’esperienza di “filosofia per non... filosofi” (di professione) inaugurata nell’estate del 1983 che, nonostante i decenni trascorsi, non sembra aver perduto il suo fascino: già una trentina di persone, da tutta Italia, hanno aderito alla proposta (ed è significativo che la maggior parte siano persone che ritornano dopo aver realizzato più volte l’esperienza in altre belle località italiane).

Augusto Cavadi


“100Nove” / 3.8.2017 - Settimanale distribuito in tutte le edicole siciliane
Condividi:

20 luglio 2017

Bruno Vergani recensisce "Il mare, come è profondo il mare..." di Augusto Cavadi

Filosofia per la vita - Cavadi, Com'è profondo il mare
Potrebbe sfuggirci, ma la condotta personale, valorosa o micragnosa che sia, è prodotta da precisi moventi, mezzi e fini, che ci caratterizzato e che perseguiamo, tutti ci comportiamo, dunque, ottemperando etiche. Di valorose e convenienti le possiamo attingere dalla storia dell’umano pensiero, ma i poeti insegnano che anche l’attenta osservazione della natura può suggerircene di non meno proficue e puntuali, a iniziare dal mare. Augusto Cavadi lo fa nel suo ‘libricino’ "Il mare, com’è profondo il mare..." - titolo preso in prestito da Lucio Dalla - (Diogene Multimedia, Bologna 2017).

L’Autore nel suo andare per mare pesca l’etica dell’avventura, quella della precarietà, della finitudine e del rispetto, della gratuità e dell’attesa, della solidarietà, convivialità, affidamento e accompagnamento, l’etica dell’oltranza, dell’approfondimento e del naufragio, per portarle nel vivere quotidiano. Libro da meditazione che alla larga da superflui pedanteggianti sta sul pezzo condensato e fragrante, da ruminare con piacere e profitto a qualsiasi pagina. 

Bruno Vergani


www.brunovergani.it / 26.6.2017
Condividi:

13 luglio 2017

"Il mare, com’è profondo il mare...", di Augusto Cavadi: recensione di Antonino Cangemi

Filosofia per la vita - Il mare, com'è profondo il mare - Augusto Cavadi

“Il mare, come è profondo il mare...” di Cavadi tra suggestioni e riflessioni

Quante riflessioni ci suggerisce la contemplazione del mare? Tante, di diversa natura, a volte di segno opposto. Augusto Cavadi, che da qualche anno ha indirizzato la sua prolifica produzione editoriale sul solco della filosofia in pratica, col suo recentissimo “Il mare, come è profondo il  mare...”, edito da Diogene Multimedia, ci aiuta a interrogarci su ciò che il mare rappresenta per ciascuno di noi. Cavadi ci offre il suo supporto per  stimolare le nostre sensazioni e i nostri pensieri mentre ci espone considerazioni di noti e meno noti pensatori, di poeti, psicoterapeuti, consulenti filosofici.

Le tante citazioni contenute nel libro - tutt’altro che sfoggio d’erudizione - invitano i lettori al confronto delle idee, affinché da tale confronto e dal confronto con i punti di vista dell’autore maturi un orientamento personale. In altri termini Cavadi, come si conviene a un consulente filosofico, lungi dal volere affermare in modo impositivo i suoi convincimenti, attraverso articolati ragionamenti esercita sui lettori un’attrazione maieutica. Il mare sollecita le più disparate meditazioni, e Cavadi le fa affiorare con un percorso argomentativo ricco e suggestivo. Sicché, in questo libriccino (133 pagine, euro 9,80) frutto probabilmente di una “vacanza filosofica”, il  mare insegna ad immergersi nella vita, ad affrontarne i pericoli e le  delusioni, a rischiare e a non ripiegarsi nell’inerzia, ma è anche metafora della precarietà dell’esistenza, richiama nello stesso tempo il senso dell’infinito e dei limiti dell’uomo, affascina e sgomenta. Al mare è legata quella che Cavadi definisce “l’etica del rispetto”: la sua immensità, profondità, oscurità induce l’uomo ad avere consapevolezza di non essere onnipotente e la coscienza della propria fragilità reclama il rispetto della sua fauna e della sua flora, ma anche la solidarietà tra gli uomini che sfidano il mare o che sono costretti a confrontarsi con le sue insidie. Tante altre sono le “lezioni” del mare, secondo la prospettiva eticamente orientata di Cavadi.

Il mare è un bene immateriale, nessuno può sostenere di esserne padrone, appartiene a tutti e, in quanto bene comune, esige di essere preservato dalle tante minacce: per esprimere ciò cosa vi è di più efficace degli accorati versi della canzone di Dalla, da cui il libro prende in  prestito il titolo? “Certo/ chi comanda / non è disposto a fare distinzioni poetiche / il pensiero come l’oceano / non lo puoi bloccare / non lo puoi  recintare. / Così stanno uccidendo il mare”. Il mare fa imparare l’arte della pazienza, del sapere aspettare, della fiducia in condizioni prossime migliori. Chi meglio dei pescatori, che tanta familiarità hanno con il mare, sono campioni di pazienza? Il mare fa superare le barriere delle “differenze”, fa incontrare gli uomini, promuove lo scambio e l’integrazione tra universi culturali diversi. Il mare ci fa volgere lo sguardo oltre, ci porta a esplorare oltre i confini delle nostre  conoscenze: si pensi all’esempio dell’Ulisse dantesco. Leggendo il libro di Cavadi, magari sotto un ombrellone in una località balneare, scopriremo queste e molte altre suggestioni del mare: e il bello è che alcune di esse saranno frutto di un nostro autonomo “filosofare”, messo in moto dal metodo socratico cui si affida l’autore.

Antonino Cangemi


Condividi:

22 giugno 2017

Antropologia filosofica e dintorni


Ricevo da Armando Caccamo, un ex-manager di azienda farmaceutica della mia città, la e-mail che copio e incollo qui di seguito.

Caro Augusto,
ho letto l’articolo apparso su “L’Espresso” di domenica 18 giugno 2017 a firma di Andrea Zhok, filosofo ed esperto di antropologia filosofica (che non so di preciso cosa voglia dire), che mi ha fatto riflettere parecchio. L’autore fa un’analisi del pensiero del Novecento e si pone una domanda: nell’epoca della scienza, che ha frammentato i ‘saperi’ (per cui oggi un fisico non conosce neppure l’intera fisica, un biologo neppure l’intera biologia etc... e, comunque, nel migliore dei casi, il fisico conosce solo la fisica e il biologo solo la biologia), quale può essere il ruolo della filosofia?
Nel secolo scorso, afferma l’autore (cito molto liberamente), la filosofia ha paradossalmente accomunato orientamenti filosofici così diversi come la riflessione epistemologica, la storia della filosofia, la critica culturale e l’indagine analitica con l’esito di ottenere una tendenziale rinuncia a “l’orizzonte della sintesi, al tentativo di produrre visioni del mondo, o loro abbozzi”. Da parte sua, il modello su cui è progredita la scienza ha finito per screditare il fulcro del pensiero filosofico e cioè la ricerca di “sintesi razionale di cui si sente acutamente la mancanza”. L’irrazionalismo imperante, tessuto d’informazioni non relate fra di loro, ha fatto proliferare, attraverso i canali d’informazione, personaggi “tuttologi” e “guru autopromossi” che non fanno che confondere ulteriormente le idee a chi, come molti di noi non-filosofi e non-scienziati, già chiare non le ha. In questo contesto, invece, l’indagine filosofica è, o dovrebbe essere, l’unica forma culturale che abbia il dovere, oltre che la possibilità, di  fornire una lettura del presente atta a indicare una visione e un orientamento razionale del mondo. Questo per consentire all’intelligenza di non rassegnarsi al “pluralismo brado” che oggi ci frastorna come mai in passato. 
Tu che ne pensi? Mi piacerebbe un tuo commento.
Nell’attesa, un saluto con affetto e stima.

Armando

* * *

Caro Armando,
ti ringrazio della segnalazione di un articolo che molto probabilmente mi sarebbe sfuggito (non sono da molto tempo un lettore abituale dell’Espresso. Intanto mi tolgo l’incombenza più facile rispondendo alla tua domanda (implicita) su cosa significhi “antropologia filosofica”. L’antropologia è, secondo l’etimo della parola, lo studio dell’uomo e quando s’incontra questo termine ci si riferisce solitamente all’antropologia “culturale” ossia allo studio scientifico delle caratteristiche dell’essere umano in una o in molte o in tutte le società del pianeta e le epoche della storia. Poiché però l’uomo non è solo oggetto delle scienze umane (psicologia, sociologia, etnologia...), ma anche della riflessione filosofica, più raramente si trova la formula “antropologia filosofica”: in termini semplici, lo studio dell’uomo dal punto di vista della filosofia (dunque il tentativo razionale di decifrare il senso dell’esistere dell’uomo nell’universo).
Più impegnativo commentare, come mi chiedi, l’articolo di Andrea Zhok anche perché (mea culpa!) non ho mai letto una riga delle sue opere (di cui, anzi, non ho neppure avuto notizia: ma l’onniscienza non è di noi mortali). Sulla base dei tuoi cenni mi sento di affermare due mie convinzioni, apparentemente contrapposte. Da una parte ritengo che egli abbia ragione nel chiedere a noi filosofi il coraggio di sbilanciarci offrendo delle prospettive complessive sulla realtà (i tedeschi dicono delle visioni-del-mondo): sino alla prima metà del Novecento ancora c’erano pensatori che osavano tanto, ma sempre più è prevalsa la tendenza a occuparsi di micro-problemi filosofici (e, poiché la filosofia non ammette di essere spezzettata dal momento che in ogni frammento ritrova le domande totali, a diventare storia della filosofia, così da potersi dedicare allo studio di un testo della tradizione filosofica o anche solo di una parola particolarmente significativa). Dall’altra parte, però, devo riconoscere che quando la filosofia prova a dare prospettive globali sulla vita e sulla morte, sull’individuo e sulla società, sulla natura e sul divino... rischia di trasformarsi in ideologia: intendo dire in sistema chiuso la cui validità viene cercata sempre meno dal punto di vista della verità e sempre più dal punto di vista dell’efficacia politica. E’ possibile fare filosofia fra il rischio della mera esegesi libresca dei classici e il rischio della costruzione ideologica coerente, compatta, ma protetta dalle obiezioni altrui e disponibile al committente più facoltoso (un imprenditore transnazionale o un partito o un sindacato o una chiesa...)? Non lo so. So però che vale la pena provarci per una ragione radicale: ognuno di noi si costruisce, lo voglia o no, una propria “concezione generale della realtà”. Se non ne prende mai coscienza e non mette la propria “metafisica” (o “teoria complessiva dell’essere”) a confronto critico con le “metafisiche” altrui, rischia di restare prigioniero delle proprie idee; prendendone consapevolezza, con l’aiuto di un filosofo che non abbia il terrore della “metafisica”, potrà accettarle o rifiutarle o correggerle. E vivere con più responsabilità le proprie opzioni di vita quotidiana.
Alla prossima, con altrettanto affetto.

Augusto Cavadi




In apertura: opere dello scultore Franz Xaver Messerschmidt
Condividi:

20 giugno 2017

"Com’è profondo il mare", di Augusto Cavadi: da questo mese in omaggio con "Diogene Magazine"

Filosofia per la vita - Cavadi, Com'è profondo il mare
Come molti di voi già sanno, il trimestrale “Diogene magazine” è una rivista di filosofia rivolta a tutti, non solo a professionisti del settore. Propone articoli che intrecciano varie discipline per riflettere su tematiche da sempre care all’uomo, ma anche su problematiche più specificamente contemporanee. Articoli di letteratura, teatro, cinema, arte si alternano a riflessioni etiche, sociali, politiche. D’impronta fortemente giornalistica, sempre ancorato alla realtà, Diogene Magazine prova ad andare al di là dell’autoreferenzialità accademica e del linguaggio settoriale per aprirsi all’esistere concreto dell’uomo e offrire sguardi critici sul mondo che lo circonda. Ampio spazio è dato alle immagini, spesso creazioni inedite che rendono la rivista interessante anche dal punto di vista artistico.

Nota: l’abbonamento annuale (4 numeri a partire dal primo numero che si riceve, indipendentemente dal mese dell’anno solare) costa 30 euro e potrà essere effettuato via internet (www.diogenemagazine.it).
Ogni singolo numero (del costo, in abbonamento, di euro 7,50) sarà corredato di un volume del prezzo di copertina di euro 9,90.
Il numero 42 della rivista – che è il numero attualmente in distribuzione – contiene come libro in omaggio la mia ultima pubblicazione: "Com’è profondo il mare" (Diogene Multimedia, Bologna 2017).

Augusto Cavadi

Condividi:

13 giugno 2017

Dal blog di Bruno Vergani - Breve invito al protagonismo

Bruno Vergani su Filosofia per la vita
Sul blog di uno dei nostri più affezionati lettori - oltre che prezioso amico personale - ho letto un suo ‘post’ riguardante uno dei momenti più significativi e seguiti della Quarta edizione del Festival della filosofia d’a-Mare (Castellammare del Golfo, 1–4 giugno 2017). Scriveva Bruno Vergani (su www.brunovergani.it):

“L’altro giorno ho partecipato a un incontro pubblico tra un consulente filosofico e uno psicoterapeuta, il dialogo affrontava gli specifici campi d’intervento, le eventuali sinergie come i possibili antagonismi dei rispettivi approcci. Al termine dell’incontro avevo avvertito una certa insoddisfazione per qualcosa d’irrisolto che non riuscivo a focalizzare.

Nel ripensarci individuo - tra le possibili cause, mie incomprensioni incluse - l’intervento del consulente filosofico che puntuale nel definire quello che non fa - terapeutica in primis - ha sì illustrato quello che fa, ma glissando sul perché può farlo e su cosa poggi di preciso nel farlo. Cosa buona e giusta che non esista - che so? - il consulente filosofico nietzschiano che nell’operare con un suo ospite confuso a seguito di ripetute conformazioni passive agli eventi della vita lo rimetta in sesto ripetendogli schemi di pensiero acquisiti, così da latrargli lo schifo che gli fanno quelli come lui, gentaglia che evita di schiacciare sotto la suola per lo schifo che gli procurerebbe la poltiglia prodotta (Zarathustra), nondimeno è cosa buona e giusta che il consulente filosofico spieghi la disciplina e il correlato statuto epistemologico che autorizza e giustifica il suo operare.

Il punto è che, per quanto ho osservato nell’incontro, tale disciplina e statuto coincidono col soggetto medesimo del consulente filosofico che ti trovi davanti, soggetto formato sicuramente dal pensiero dei filosofi che ha frequentato, ma in ultima analisi tutto poggiato e autorizzato da sé medesimo, sovranità che non contempla radiazioni dall'Albo e non produce eretici e neppure apostati. Non dovrebbe avere timidezze nel proclamarlo in piazza invece di teorizzare una sorta di filosofare corretto perché logico e impersonale - quale logica, quella della filosofia scolastica? Quella della fisica quantistica? - Non rischierebbe nulla nell’ergersi all'altro come protagonista poggiato sul personale pensiero - circolo ermeneutico del relazionarsi tra soggetti attraverso reciproche pre-comprensioni: anche la maieutica opera necessariamente partendo da un punto di vista -, a maggior ragione nel caso di specie visto che governare, educare, curare, sono tre mestieri impossibili (Freud), anche se non di rado gli psicoterapeuti se lo dimenticano più dei filosofi”.

I due protagonisti del confronto, da me introdotto e moderato, erano lo psicoterapeuta siciliano Pippo La Face e la consulente filosofica toscana Marta Mancini. Quest’ultima ha, a sua volta, postato un commento alla nota di Bruno Vergani che vale la pena riprendere:

“E' vero che una delle affermazioni più forti della Consulenza Filosofica sostiene che “la forma concreta della filosofia è il filosofo” ma tale assunto, proprio per la sua lapidarietà, è anche uno dei punti da mettere bene a fuoco per descrivere la disciplina e ciò che si propone di ottenere. E' uno snodo che richiede un capovolgimento di prospettiva, una conversione che - per dirla con Davide Miccione - sciolga l'identità della filosofia nel concreto filosofare, nell'effettivo esercizio che il consulente fa, in presa diretta, con il suo ospite. Nella Consulenza Filosofica la questione non è se vivo ciò che penso, ma se porto il pensiero in ciò che vivo, prendendo coscienza di chi sono e mettendo in discussione la mia vita. Tale presupposto vale anche per il filosofo: egli viene chiamato in causa, al pari del suo ospite, di fronte alla domanda che parte dalla singolarità di un'esperienza concreta per farvi ritorno, ripensando da capo, non avendolo fatto prima o altrove.
Ecco perché il filosofo è funestato dalla domanda del suo interlocutore: non potendo rispondere in modo generalizzato con teorie già pensate e ritenute coerenti, è costretto ad esporsi, a mettersi alla prova rivolgendo anche a se stesso le domande provenienti dalla vita di quel singolo individuo che gli sta di fronte. Certo che anche il filosofo, come il suo ospite, non è una testa vuota ma ciò che per entrambi avviene nella Consulenza Filosofica, in luogo del “relazionarsi tra soggetti attraverso reciproche pre-comprensioni”, è lo sporgere della vita sulla teoria. Anzi delle vite, da co-protagonisti”.

Come si vede, uno scambio di notevole livello: che possa servire anche ad aprire un più ampio dibattito su questo nostro spazio virtuale?


Augusto Cavadi

Condividi:

6 giugno 2017

Come è andato il Festival a Castellammare del Golfo?

Augusto Cavadi sul Festival Nazionale della Filosofia d’A-mare, quarta edizione, Castellammare del Golfo (TP), 1-4 Giugno 2017

In molti mi chiedete come sia andata la Quarta edizione della Filosofia d’a-Mare a Castellammare del Golfo dal 1 al 4 giugno. Anche se non è facile restituire per iscritto un clima psicologico, direi un’atmosfera spirituale, ci provo lo stesso. Per chi non abbia voglia di andare sino in fondo a questo messaggio mi limito a una frase: “E’ andata bene, anzi benissimo. Addirittura meglio dell’anno scorso e la soddisfazione espressa da tantissimi partecipanti mi ha reso felice”.
Dal punto di vista quantitativo non c’è stato quel balzo in avanti che mi aspettavo: evidentemente la scelta consapevole di non invitare star anche mediaticamente attraenti ha comportato un contenimento del numero dei partecipanti (attestatosi, nel giro dei quattro giorni e includendo qualche evento aperto a un pubblico non-pagante, a poco più di un centinaio).
Ma (forse proprio per l’autoselezione degli iscritti che si sono mossi da Torino, da Bergamo, da Bologna, da varie altre regioni esclusivamente per motivazioni ‘filosofiche’) dal punto di vista qualitativo difficilmente si sarebbe potuto desiderare di più.
Condividi:

31 maggio 2017

Ci vediamo domani, Giovedì 1° Giugno 2017 a Castellammare del Golfo (TP)?

Giovedì 1° giugno 2017 inizia, nella splendida cornice di Castellammare del Golfo (Trapani), la Quarta edizione della filosofia d'a-mare da me ideata e diretta. Dalle 18,30 (momento in cui partirà la passeggiata filosofica dall'Hotel Al Madarig verso il Castello normanno lungo il litorale), per quattro giorni (sino a domenica sera) ci sarà la possibilità di partecipare a sessioni di con-filosofia (filosofi dialogheranno con chi, pur non essendo un filosofo di professione, ama usare la testa e praticare il dialogo), presentazioni di libri, conferenze, dibattiti, tavole rotonde, eventi musicali, caffé philo etc. (vedi qui sotto programma dettagliato).
E' l'unico Festival al mondo con al centro le "pratiche filosofiche per i non... filosofi": dunque senza inutili tecnicismi per consentire a chiunque di partecipare a un esercizio di riflessione critica e di confronto democratico.
Benevenuti e benvenute a tutte le persone che si sono prenotate dall'Italia e dalla Francia; grazie ai filosofi che hanno accettato gratuitamente di prestarsi a questi esperimenti di "filosofia di strada"; grazie all'Amministrazione comunale di Castellammare del Golfo che, con lungimiranza, dall'anno scorso sponsorizza l'evento; e grazie a quelle amiche e a quegli amici di Castellammare che lo preparano con cura e senso dell'ospitalità.


Filosofia per la vita: Festival Nazionale della Filosofia d’A-mare, quarta edizione, Castellammare del Golfo (TP), 1-4 Giugno 2017

IL GRUPPO EDITORIALE “DI GIROLAMO” DI TRAPANI
LA SCUOLA DI FORMAZIONE ETICO-POLITICA “G. FALCONE” DI PALERMO
LA FATTORIA SOCIALE  “MARTINA E SARA” DI BRUCA (TP)
con il patrocinio del Comune di Castellammare del Golfo (Trapani)

organizzano

la quarta edizione del
FESTIVAL NAZIONALE DELLA FILOSOFIA D’A-MARE
La festa della filosofia di strada per non...filosofi (di professione)
Castellammare del Golfo (Trapani)
Giovedì 1 giugno - Domenica 4 giugno 2017


PROGRAMMA

Giovedì 1 giugno
Ore 14,00 - 18,00: Accoglienza e registrazione dei partecipanti presso l'Hotel Al Madarig.
Ore 18,30 – 19,30: Passeggiata filosofica. Conduce Augusto Cavadi.
Partenza dall’Hotel Al Madarig.

Venerdì 2 giugno
Ore  8,00 –  9,00: Colazione con i filosofi.
Momento informale presso l’Hotel Al Madarig.
Ore  9,30 – 12,00: Laboratori di con-filosofia. Uno a scelta secondo prenotazione, tutti presso l'Hotel Al Madarig:
Input di Luigi Lombardi Vallauri su “Gli animali hanno un’anima?” Conduce e modera Marta Mancini.
Input di Orlando Franceschelli su “Gli atei hanno una spiritualità?” Conduce e modera Chiara Zanella.
Input di  Giorgio Gagliano su “Musica e filosofia in ottica pedagogica”! Conduce e modera Augusto Cavadi.
Ore 18,00 – 20,00: Lectio magistralis. Stefano Ciccone (Coordinatore nazionale di “Maschile plurale”) svolge una conferenza pubblica su “Maschi senza maschilismo? Narrazione di un’esperienza, proposte per il futuro”. Introduce Chiara Zanella, modera Marta Mancini. Presso il Castello Arabo Normanno. 

Sabato 3 giugno
Ore  8,00 –  9,00: Colazione con i filosofi.
Momento informale presso l’Hotel Al Madarig.
Ore  9,30 – 10,30: Meditazione ‘laica’ su “Paesaggio di mare”. A cura di Luigi Lombardi Vallauri. Presso l’Hotel Al Madarig.
Ore 11,00 – 12,30: Leggiamo un libro: “Ascetica da tavolo. Pensare dopo la svolta pratica”. Davide Miccione presenta e discute il suo libro. Introduce e modera Chiara Zanella. Presso l'Hotel Al Madarig.
Ore 18,00 – 20,00: Disputa a due. “Meglio il consulente filosofico o lo psicoterapeuta?” Dibattito pubblico fra Marta Mancini (presidente nazionale “Phronesis”) e Giuseppe La Face (psicologo psicoterapeuta). Presso il Castello Arabo Normanno.
Ore 21,30 – 23,00: Caffè filosofici. Conducono Marta Mancini, Chiara Zanella, Davide Miccione e Giorgio Gagliano.
Presso quattro bar della città di Castellammare che saranno indicati in tempo.

Domenica 4 giugno
Ore  8,00 –  9,00: Colazione con i filosofi.
Momento informale presso l’Hotel Al Madarig.
Ore  9,30 – 17,30: Escursione turistica.
Il pullman parte davanti all’Hotel Al Madarig, passa dalla Riserva dello Zingaro, prosegue per Trapani; alle 14,30 riparte da Trapani e alle 15,30 ripassa dallo Zingaro.
Ore 18,00 – 20,00: Tavola rotonda su “La violenza sulle donne: una sola causa?” presso il Castello Arabo Normanno.
Punto di vista psicologico: Aurora Mineo
Punto di vista pedagogico: Giuseppe Burgio
Punto di vista sociologico: Stefano Ciccone
Punto di vista filosofico: Chiara Zanella
Punto di vista teologico: Augusto Cavadi
Introduce, modera e conclude: Francesco Seminara


NOTIZIE TECNICHE


• La partecipazione a tutti gli eventi è riservata ai possessori di un pass rilasciato dalla segreteria organizzativa del Festival (euro 15,00; per i cittadini residenti ufficialmente a Castellammare del Golfo euro 5,00).
• Eccezionalmente sarà possibile partecipare senza pass, gratuitamente, ai caffè filosofici della sera di sabato 3 giugno.
• La partecipazione alla gita in pullman di domenica 4 giugno sarà riservata a quanti avranno prenotato e versato la quota di iscrizione di euro 20,00 (non più tardi del 20 maggio 2017).
• Tranne dove diversamente indicato, le sessioni di con-filosofia si svolgeranno presso l’Hotel Al-Madarig (con accesso ai possessori di pass).
• Ovviamente si è liberi di pernottare in qualsiasi struttura alberghiera. Convenzioni speciali (sino a esaurimento posti) sono state stipulate con Hotel Al Madarig (Tel. 0924 33533 - Email: info@almadarig.com), Hotel Punta Nord Est (Tel. 0924 30511 - Email: info@puntanordest.com), Hotel La Piazzetta (Tel. 0924 35559 - Email: info@lapiazzettahotel.com). E’ consigliabile verificare se si possono ottenere condizioni ancora più convenienti mediante agenzie online.
• Per i pasti si suggerisce di prenotare sul posto a seconda dei gusti e delle esigenze alimentari. Ristoranti, trattorie, tavole calde e fredde con cibi di strada non mancano certo...

IMPORTANTE: E’ opportuno prenotare la propria iscrizione al Festival.
A tale scopo compilare il modulo predisposto contattando la segreteria di accoglienza: Cell. 328 3369985 - Email: filosofiadamare@virgilio.it. Con questo stesso modulo si può prenotare il servizio transfert dall’aeroporto e per l’aeroporto nonché la gita del 4 giugno.


Augusto Cavadi

Condividi:

13 maggio 2017

Nasce con Socrate, sopravvive con Platone. Poi muore, ma...

Dalla rivista on line - scaricabile gratuitamente - della SFI (Società filosofica italiana) "Comunicazione filosofica", maggio 2017, n. 38.

Giorgio Giacometti, Platone 2.0. La rinascita della filosofia come palestra di vita.
Giorgio Giacometti, "Platone 2.0. La rinascita della filosofia come palestra di vita". Mimesis, Milano - Udine 2016, pp. 796, euro 40,00.

Ci sono libri che lanciano sfide intellettuali ardite rispetto alle quali sono possibili due reazioni principali: se c’è fumus di paradossalità gratuita, le si lascia cadere nel silenzio; altrimenti si concede l’onore della dialettica. Che nel suo Platone 2.0 . La rinascita della filosofia come palestra di vita (Mimesis, Milano - Udine 2016, pp. 796, euro 40,00) Giorgio Giacometti lanci una sfida ai limiti della sfrontatezza è un dato; che meriti una considerazione attenta è la mia opinione. Qual è dunque la provocazione? Per parafrasare Nietzsche, che c’è stato un solo filosofo ed è morto nel suo letto (ad Atene, nel quarto secolo). Ma diciamolo meglio: se "la filosofia autentica è quella che ti consente di fare «esperienze di verità» e di vivere di conseguenza", "nulla di tutto quello che è stato prodotto in forma scritta merita il nome di filosofia in senso proprio o pieno". Infatti "la forma scritta, come sappiamo, tradisce l’irrinunciabile forma dialogica del filosofare" (p. 488). Questo sarebbe il nucleo della testimonianza socratica raccolta, e tramandata, da Platone: poiché, però, dopo Platone, la filosofia si è consegnata a un genere letterario della scrittura, quel nucleo è progressivamente sparito dall’orizzonte occidentale (non dai contesti storico-culturali orientali) e solo da pochi decenni, grazie a Gerd Achenbach e alle pratiche filosofiche, sta riemergendo.
E' chiaro che un teorema simile si presta a una raffica di obiezioni: merito non piccolo di Giacometti è di averle previste, formulate e contro-argomentate. In ordine crescente di radicalità: innanzitutto chi ci dice che nelle "pratiche filosofiche" (la consulenza filosofica individuale, di coppia o di gruppo; i dialoghi socratici; i seminari; i laboratori; i caffè filosofici, la philosophy for community...) riluca davvero il filosofico? Abbastanza agevole la risposta: "l’effettiva filosoficità di una pratica, che si denomini o meno 'filosofica' [...], non è qualcosa di immediatamente evidente (primo livello di lettura), ma richiede, per essere riconosciuta, di essere concretamente sperimentata (secondo livello di lettura); in modo da poter vedere l’effetto che fa; certi segni che ci consentano di dire (o meno), a posteriori, di una certa pratica, quale che ne sia la denominazione: 'Fu vera filosofia'" (p. 701).
Ma se la vera filosofia è dialogo orale, come mai sappiamo questo da testi scritti (come i dialoghi platonici)? Il medium grazie al quale ci viene tramandato il segreto della filosofia sarebbe dunque, esso stesso, negazione del filosofare? Giacometti non evita di ammettere che Platone, da molti considerato il filosofo per antonomasia, "testimonia, forse, della paradossalità della stessa filosofia" (p. 54). E ci ammonisce, dunque, a relativizzare ogni scrittura filosofica che è tale in quanto, da una parte, evoca un’esperienza filosofica realizzata e, dall’altra, accompagna verso un’esperienza filosofica da realizzare.
Questa ammonizione platonica Giacometti l’ha trasmessa per molti anni oralmente: ma, avendo deciso adesso di trasmetterla per iscritto, non sta reduplicando - e aggravando - il paradosso platonico dei dialoghi? Egli se ne mostra consapevole e, lungi dal rigettare l’accusa, ne fa quasi una cifra interpretativa della propria opera: "Questo, dunque - lo si è capito - è un libro che si contraddice per il fatto stesso di essere scritto. La scrittura rende impossibile quel dialogo in cui il vero esercizio filosofico dovrebbe consistere" (p. 60). Per ridurne il tasso di paradossalità, l’autore ha strutturato in forma doppiamente (o triplamente) dialogica il testo: che è un (quasi) dialogo reale fra lui e il lettore, formulato come dialogo immaginario fra lui e un interlocutore (un non- filosofo di professione come solitamente è chi chiede una consulenza) nel corso del quale il consulente racconta lo svolgimento essenziale di dialoghi precedenti reali con altrettanti consultanti. Comprensibilmente, inoltre, Giacometti assicura (in ogni sede possibile, fisica o virtuale) che questo scritto sulla priorità  - filosofica - dell’oralità rispetto alla scrittura sia un hapax legomenon, un unicum irripetibile: una sorta di scala di Wittgenstein da abbandonare ogni volta che sia servita a trascendere il piano della comunicazione scritta. Comunque pare verificarsi anche per lui - appassionato e forbito difensore a oltranza dell’oralità del filosofare - la nemesi storica illustrata da Hans Blumenberg: "Tra i libri e la realtà è posta un’antica inimicizia. Lo scritto si è sostituito alla realtà, nella funzione di renderla - in quanto definitivamente inventariata e accertata - superflua. La tradizione scritta, e infine stampata, si è costantemente risolta in un indebolimento dell’autenticità dell’esperienza. […] Così, dall’aria soffocante, dalla penombra, dalla polvere e dalla miopia, dalla sottomissione alla funzione di surrogato sorge il mondo dei libri come antinatura. E ogni volta contro mondi artefatti si rivolgono movimenti giovanili. Finché la natura sta, di nuovo, nei loro libri" (La leggibilità del mondo, Il Mulino, Bologna 1984, p. 11). Come è successo, per esempio, a Montaigne che, dopo aver elogiato Socrate in quanto aveva evitato di scrivere e dopo aver esaltato ciò che si può apprendere direttamente dalla vita e dal mondo, affida tutto ciò a un libro, sia pur "le seul livre au monde de son espece, d’un desseing farouche  et extravagant" (Essais, II, 8).
Naturalmente, dal momento che non è un provocatore gratuito, Giacometti finisce con l’ammettere che la sua tesi complessiva - la filosofia che nasce orale, agonizza e si spegne per millenni a causa della scrittura, "rinasce" con le "pratiche filosofiche" dalla seconda metà del Novecento a oggi -  non esclude considerazioni più ragionevoli: che "il 'dibattito' secolare su questo o quel tema, che si svolge, per iscritto (orrore!), sulle pagine di questo o quel libro, di questa o quella rivista di filosofia (magari on line) ecc. non produca qualche effetto simile a quello prodotto dal dialogo vis à vis" (p. 774). Allora - ammirati dall’acume e dall’ampiezza delle argomentazioni svolte (grazie alle quali nessun angolo delle pratiche filosofiche rimane oscuro agli occhi di chi vuole conoscerle davvero, al di là delle chiacchiere più o meno giornalistiche, sia come aspirante consulente che come potenziale consultante) - si può condividere senza difficoltà la conclusione del saggio introduttivo (Non solo Platone. Pratiche filosofiche d’Oriente e d’Occidente) di Giangiorgio Pasqualotto (che pure rivendica le caratteristiche dell’autentico filosofare, da Giacometti riservate a Platone e al platonismo, anche a "alcune forti espressioni di pensiero prodotte in Oriente", p. 16): "La proposta offerta dal libro di Giacometti appare quindi coraggiosa al limite della temerarietà, ma risponde a una comune speranza di rivitalizzare la presenza e l’importanza della filosofia in un mondo in cui il destino sembra sia quello di una globalizzazione sempre più rapida, intensa ed estesa, la quale annienta ogni premessa e ogni forma di esperienza filosofica, lasciando in vita soltanto le forme più elementari e banali di realismo analitico. Forse, allora, per far fronte a questo imminente futuro di miseria e di degrado esistenziale, culturale e concettuale, sembra più convincente e conveniente affidarsi ai sogni antichi di un Giacometti che alle acrobazie profetiche di uno Sloterdijk" (pp. 45 - 46).
Potrei aggiungere in coda, per gli studiosi di storia del pensiero, che il volume aiuta a comprendere -reduplicato per così dire in diretta - un fenomeno storico che (almeno a me) riusciva prima enigmatico: come è stato possibile che una scuola platonica sia diventata scettica (gli Accademici ellenistici)? L’autore infatti, non mostra alcun pudore nel sostenere che la vera filosofia aspira alla Verità assoluta (cfr. pp. 457 - 459) che coincide con il Bene assoluto (cfr. pp. 478 - 485): ma proprio perché la méta è così elevata, concetti e parole umane restano irrimediabilmente inadeguati, anzi condannati alla intrinseca "contraddizione". E allora non è solo la scrittura filosofica, ma sono anche la lettura dei testi filosofici e lo stesso dialogo orale interpersonale a essere esposti all’equivoco e all’interpretazione soggettiva. Siamo forse dinanzi all’ennesimo paradosso: un’impostazione metafisica molto classica (la filo-sofia come eros per le Idee eterne, da vivere sin dalle viscere e non solo cerebralmente) si rivela apparentemente anacronistica, ma in effetti può convivere senza traumi con gli esponenti  più spregiudicati della contemporanea temperie post-moderna.

Augusto Cavadi

Condividi: