• Augusto Cavadi •
Dopo alcuni mesi, il 9 gennaio abbiamo concluso il ciclo delle "cenette filosofiche" basato sul volume di Y. N. Harari "Sapiens. Da animali a dèi", Bompiani, Milano 2017. Per chi volesse avere uno sguardo complessivo sul volume, metto volentieri a disposizione una mia (dunque opinabile, arbitraria) breve sintesi schematica.
Yuval Noah Harari, "Sapiens. Da animali a dèi - Breve storia dell'umanità" (Nuova Edizione Riveduta Bompiani, trad. Giuseppe Bernardi 2017) |
PARTE PRIMA
L'universo che conosciamo attualmente si è formato circa 13 miliardi di anni fa.
Solo 9 miliardi di anni dopo, cioè circa 4 miliardi di anni fa, è nata la vita sulla Terra.
Solo 3 miliardi e 998 milioni di anni dopo, cioè circa 2 milioni di anni fa, compaiono degli esseri umani che si comportavano in maniera simile a "gli scimpanzé, i babbuini e gli elefanti" (p. 12) e producevano i primi utensili (p. 18).
Ma è solo l'altro ieri – o per mantenere le proporzioni – qualche ora fa, cioè 70.000 anni fa, che l'Homo sapiens inizia a dare segni della propria struttura culturale. Dall'inizio della biologia all'inizio della storia bisogna, dunque, attendere circa 3.999.930.000 (3 miliardi 999 milioni 930 mila) anni.
A questa prima "rivoluzione cognitiva" segue 58.000 anni dopo (dunque 12.000 anni fa) la "rivoluzione agricola" cui succede 11.500 anni dopo (dunque 500 anni fa) la "rivoluzione scientifica".
Torniamo al processo di separazione dagli (e soppressione degli) altri umani ad opera dell'Homo sapiens: in un periodo che va all'incirca da 70.000 a 10.000 anni fa egli o si è ibridato pacificamente con i Neanderthal, gli Erectus, i Denisova, i Soloensis, gli Ergaster o ha eliminato e soppiantato bellicosamente tutte le altre specie del genere "Homo". In tutte le ipotesi, si suppone che egli abbia conquistato "il mondo soprattutto grazie al suo linguaggio unico" (p. 30).
Come mai tra i 70.000 e i 30.000 anni fa si realizzò nell'Homo Sapiens – e solo in lui – la "Rivoluzione cognitiva"? L'autore risponde: "Per quanto possiamo dire, si trattò di un puro caso" (p. 33). Comunque, grazie al loro specifico linguaggio, i Sapiens sono diventati "in grado di parlare di intere categorie di cose che non hanno mai visto, toccato o odorato" (p. 36). Quando tali finzioni sono state condivise "collettivamente" – dunque quando sono stati elaborati i "miti" – i Sapiens hanno acquisito la capacità inedita di "cooperare in maniera flessibile" e "con un numero indefinito di estranei" (p. 37).
I "miti" si riferiscono a cose che non esistono "al di fuori delle storie che le persone si inventano e si raccontano vicendevolmente". Infatti "nell'universo non esistono dèi, non esistono nazioni né denaro né diritti umani né leggi"; né esiste "la Peugeot" (p. 41). I miti e i conseguenti "modelli comportamentali" sono "le principali componenti di quelle che chiamiamo 'culture'", con la configurazione delle quali soltanto si può parlare di "storia" (p. 52). Da quell'epoca in poi, "l'interazione fra idee, immagini e fantasie" si rivela più incisiva nello sviluppo dell'essere umano rispetto alle "interazioni tra geni, ormoni e organismi" (p. 53); anche se è sempre "la biologia" a stabilire "i parametri basilari" entro cui si possono sviluppare le potenzialità dell'Homo sapiens (p. 54).
Solo 9 miliardi di anni dopo, cioè circa 4 miliardi di anni fa, è nata la vita sulla Terra.
Solo 3 miliardi e 998 milioni di anni dopo, cioè circa 2 milioni di anni fa, compaiono degli esseri umani che si comportavano in maniera simile a "gli scimpanzé, i babbuini e gli elefanti" (p. 12) e producevano i primi utensili (p. 18).
Ma è solo l'altro ieri – o per mantenere le proporzioni – qualche ora fa, cioè 70.000 anni fa, che l'Homo sapiens inizia a dare segni della propria struttura culturale. Dall'inizio della biologia all'inizio della storia bisogna, dunque, attendere circa 3.999.930.000 (3 miliardi 999 milioni 930 mila) anni.
A questa prima "rivoluzione cognitiva" segue 58.000 anni dopo (dunque 12.000 anni fa) la "rivoluzione agricola" cui succede 11.500 anni dopo (dunque 500 anni fa) la "rivoluzione scientifica".
Torniamo al processo di separazione dagli (e soppressione degli) altri umani ad opera dell'Homo sapiens: in un periodo che va all'incirca da 70.000 a 10.000 anni fa egli o si è ibridato pacificamente con i Neanderthal, gli Erectus, i Denisova, i Soloensis, gli Ergaster o ha eliminato e soppiantato bellicosamente tutte le altre specie del genere "Homo". In tutte le ipotesi, si suppone che egli abbia conquistato "il mondo soprattutto grazie al suo linguaggio unico" (p. 30).
Come mai tra i 70.000 e i 30.000 anni fa si realizzò nell'Homo Sapiens – e solo in lui – la "Rivoluzione cognitiva"? L'autore risponde: "Per quanto possiamo dire, si trattò di un puro caso" (p. 33). Comunque, grazie al loro specifico linguaggio, i Sapiens sono diventati "in grado di parlare di intere categorie di cose che non hanno mai visto, toccato o odorato" (p. 36). Quando tali finzioni sono state condivise "collettivamente" – dunque quando sono stati elaborati i "miti" – i Sapiens hanno acquisito la capacità inedita di "cooperare in maniera flessibile" e "con un numero indefinito di estranei" (p. 37).
I "miti" si riferiscono a cose che non esistono "al di fuori delle storie che le persone si inventano e si raccontano vicendevolmente". Infatti "nell'universo non esistono dèi, non esistono nazioni né denaro né diritti umani né leggi"; né esiste "la Peugeot" (p. 41). I miti e i conseguenti "modelli comportamentali" sono "le principali componenti di quelle che chiamiamo 'culture'", con la configurazione delle quali soltanto si può parlare di "storia" (p. 52). Da quell'epoca in poi, "l'interazione fra idee, immagini e fantasie" si rivela più incisiva nello sviluppo dell'essere umano rispetto alle "interazioni tra geni, ormoni e organismi" (p. 53); anche se è sempre "la biologia" a stabilire "i parametri basilari" entro cui si possono sviluppare le potenzialità dell'Homo sapiens (p. 54).