Le pratiche filosofiche si stanno diffondendo moltissimo nel nostro tempo. Quale funzione hanno? Nell’ultimo numero della rivista Diogene Magazine (n. 40-41) provo a rispondere a questa domanda. Riporto qui una parte dell’articolo.
L’essere umano ha bisogno di nutrirsi, ha bisogno di sicurezza, ma ha anche bisogno di trovare un senso alla propria esistenza e al centro dell’interesse filosofico c’è la vita, ci sono le grandi domande dell’uomo sul senso del vivere. Eppure, quando si pensa alla filosofia, si pensa a qualcosa di astratto che ha poco a che fare con la nostra quotidianità e il filosofo è considerato un professionista teorico che lavora nelle Università, spesso poco comprensibile. Ma se torniamo alle origini, alla Grecia del V sec. a.C., e pensiamo a Socrate, a colui che viene considerato il fondatore del pensiero filosofico, i conti non tornano. La filosofia era una pratica di vita e Socrate era uno che se ne andava in giro per Atene a ‘tormentare’ i suoi concittadini con le sue continue domande: che cosa è il bello; che cosa è il vero, che cosa è il giusto etc. In questo modo instaurava un dialogo che puntava alla messa in discussione di ciò che all’interlocutore appariva ovvio, scontato. La maieutica socratica era un modo per risvegliare la coscienza assopita nella routine... Le pratiche filosofiche che si sono diffuse negli ultimi anni, dai Caffè filosofici alla Philosophy for children e alla Consulenza filosofica, rappresentano un ritorno alla filosofia delle origini. In particolare i caffè filosofici hanno la funzione di mettere in discussione idee consolidate, di risvegliare lo spirito critico, di riportare la filosofia nei luoghi pubblici.
I nostri pensieri, le nostre idee danno un senso alla nostra esistenza, determinano il nostro modo di essere al mondo, sono responsabili del nostro modo di agire, di gioire e di soffrire. Li abbiamo acquisiti durante il corso della nostra vita, attraverso l’educazione e l’ambiente sociale di riferimento, e spesso e volentieri non li mettiamo in discussione perché sono diventati ovvi. Corriamo così il rischio di lasciarci imprigionare dai nostri stessi pensieri soprattutto oggi, epoca dell’individualismo di massa, dominata dal ‘pensiero unico’ di stampo neoliberale. In questo modo, considerando che Il pensiero ha bisogno del confronto dialettico per potersi attivare, perdiamo la capacità e il piacere di ‘pensare’. La civiltà odierna è tenuta insieme dalle idee e dalle parole del business: solo queste sono universali, penetrano in ogni nostro discorso e modellano i nostri comportamenti. Il loro potere è stato interiorizzato al punto tale che pervadono ormai ogni aspetto della nostra vita. Come sostiene il premio Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz: «abbiamo permesso ai mercati di modellare la nostra economia e, nel frattempo, di contribuire a modellare le persone e la società. È venuto il momento di chiederci se sia davvero quello che vogliamo».
Le pratiche filosofiche possono facilitare la risposta a questa domanda perché stimolano il dubbio e la ricerca di soluzioni nuove.
L’essere umano ha bisogno di nutrirsi, ha bisogno di sicurezza, ma ha anche bisogno di trovare un senso alla propria esistenza e al centro dell’interesse filosofico c’è la vita, ci sono le grandi domande dell’uomo sul senso del vivere. Eppure, quando si pensa alla filosofia, si pensa a qualcosa di astratto che ha poco a che fare con la nostra quotidianità e il filosofo è considerato un professionista teorico che lavora nelle Università, spesso poco comprensibile. Ma se torniamo alle origini, alla Grecia del V sec. a.C., e pensiamo a Socrate, a colui che viene considerato il fondatore del pensiero filosofico, i conti non tornano. La filosofia era una pratica di vita e Socrate era uno che se ne andava in giro per Atene a ‘tormentare’ i suoi concittadini con le sue continue domande: che cosa è il bello; che cosa è il vero, che cosa è il giusto etc. In questo modo instaurava un dialogo che puntava alla messa in discussione di ciò che all’interlocutore appariva ovvio, scontato. La maieutica socratica era un modo per risvegliare la coscienza assopita nella routine... Le pratiche filosofiche che si sono diffuse negli ultimi anni, dai Caffè filosofici alla Philosophy for children e alla Consulenza filosofica, rappresentano un ritorno alla filosofia delle origini. In particolare i caffè filosofici hanno la funzione di mettere in discussione idee consolidate, di risvegliare lo spirito critico, di riportare la filosofia nei luoghi pubblici.
I nostri pensieri, le nostre idee danno un senso alla nostra esistenza, determinano il nostro modo di essere al mondo, sono responsabili del nostro modo di agire, di gioire e di soffrire. Li abbiamo acquisiti durante il corso della nostra vita, attraverso l’educazione e l’ambiente sociale di riferimento, e spesso e volentieri non li mettiamo in discussione perché sono diventati ovvi. Corriamo così il rischio di lasciarci imprigionare dai nostri stessi pensieri soprattutto oggi, epoca dell’individualismo di massa, dominata dal ‘pensiero unico’ di stampo neoliberale. In questo modo, considerando che Il pensiero ha bisogno del confronto dialettico per potersi attivare, perdiamo la capacità e il piacere di ‘pensare’. La civiltà odierna è tenuta insieme dalle idee e dalle parole del business: solo queste sono universali, penetrano in ogni nostro discorso e modellano i nostri comportamenti. Il loro potere è stato interiorizzato al punto tale che pervadono ormai ogni aspetto della nostra vita. Come sostiene il premio Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz: «abbiamo permesso ai mercati di modellare la nostra economia e, nel frattempo, di contribuire a modellare le persone e la società. È venuto il momento di chiederci se sia davvero quello che vogliamo».
Le pratiche filosofiche possono facilitare la risposta a questa domanda perché stimolano il dubbio e la ricerca di soluzioni nuove.
Anna Colaiacovo
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