MANUALE PER VIP
Rubrica a cura di Augusto Cavadi

Augusto Cavadi, Manuale per Vip
«Eh, no! Mi dispiace. Se vi siete incuriositi a questa nuova rubrica perché immaginate che parli di questo o quel Vip (dall'inglese "very important person"), rimarrete delusi. Niente pettegolezzi, indiscrezioni, dicerie: l'ottanta per cento della carta stampata e delle televisioni ne è già zeppa! Ho voluto scegliere questa sigla, invece, come abbreviazione di "Vivere in pienezza"...»
Dal post introduttivo ►
CENETTE FILOSOFICHE PER NON... FILOSOFI
(DI PROFESSIONE)
Rubrica a cura di Augusto Cavadi

Augusto Cavadi, Cenette Filosofiche
Nel 2003 alcuni partecipanti abituali alle “Vacanze filosofiche” estive¹, e residenti nella stessa città (Palermo), abbiamo esternato il desiderio di incontrarci anche nel corso dell’anno, tra un’estate e l’altra. Da qui l’idea di una cenetta quindicinale presso lo studio legale di uno di noi, Pietro Spalla, che si sarebbe incaricato di far trovare un po’ di prodotti da forno e qualche bevanda. Appuntamento alle ore 20:00 (in martedì alterni) per accogliersi a vicenda e mangiucchiare ciò che si trova sulla tavola: dalle 20:30 alle 22:00, poi, lo svolgimento dell’incontro.

La metodologia che abbiamo adottato è molto semplice: chiunque del gruppo propone un testo che si presti ad essere letto in chiave di filosofia-in-pratica (dunque non solo un classico del pensiero filosofico, ma anche un romanzo o un trattato di psicologia, un saggio di astrofisica o di botanica) e, se la maggioranza lo accetta, diventa nelle settimane successive il testo-base delle conversazioni. In esse non sono graditi gli approfondimenti eruditi (tipici dei seminari universitari) perché si vorrebbe dare spazio alle riflessioni personali, alle risonanze esistenziali e alle incidenze sociopolitiche, suggerite dal testo adottato. Uniche condizioni per la partecipazione: aver letto le pagine del libro che il gruppo si assegna di volta in volta per la riunione successiva (se non si fosse riusciti a farlo in tempo, si è pregati di assistere in silenzio) e intervenire evitando i toni polemici nei confronti dei presenti che abbiano espresso convinzioni, esperienze, ipotesi interpretative differenti dalle proprie².

La pandemia del Covid-19 ha costretto la piccola comunità di ricerca filosofica a sospendere gli incontri in presenza e a sostituirli con sessione in video-conferenza: certamente una riduzione della qualità delle relazioni fra i partecipanti, ma anche l’apertura di possibilità sino a quel momento inesplorate. Così amiche e amici di varie regioni italiane si sono collegati via internet e questa modalità di interazione ha finito col sostituire del tutto le cenette in presenza. Ci si vede direttamente alle 20:30 collegandosi mediante un link che Pietro Spalla trasmette a chiunque faccia richiesta di essere incluso nell’apposita mailing list (spalla.pietro@gmail.com).

La mailing list è diventata, sempre più, un luogo di scambi tra una cenetta e la successiva: scambi di opinioni, di commenti, di suggerimenti bibliografici, di battute umoristiche, di informazioni su eventi culturali... In questa molteplicità di interventi occasionali, non ne mancano alcuni meno estemporanei, di una certa consistenza e di un certo rilievo, che probabilmente meritano di non essere seppelliti nelle ondate di e-mail che si accavallano di giorno in giorno (talora di ora in ora).

Da qui l’idea di aprire in questo blog – www.filosofiaperlavita.it – un’apposita rubrica – “Cenette filosofiche per non... filosofi (di professione)” – che metta a disposizione, per un lasso di tempo più lungo e soprattutto per un pubblico potenzialmente più ampio, i contributi che i sostenitori finanziari della rubrica riterranno opportuno segnalare³.

Augusto Cavadi


¹ Cfr. https://vacanze.filosofiche.it
² Cfr. “Cenette filosofiche” in A. Cavadi, Mosaici di saggezze. Filosofia come nuova antichissima spiritualità, Diogene Multimedia, Bologna 2016, pp. 282-284.
³ Attualmente i rimborsi delle spese di gestione di questa rubrica sono sostenuti da Caccamo A., Cavadi A., Chiesa L., Cillari E., D’Angelo G., D’Asaro M., Di Falco R., Enia A., Federici G., Galanti M., Gulì A., Leone R., Oddo G., Palazzotto A., Paterni M., Randazzo N., Reddet C., Salvo C., Spalla P., Spalla V., Santagati G., Ugdulena G., Vergani B., Vindigni E. Chi desiderasse aggiungersi al numero dei sostenitori può contattarmi alla e-mail a.cavadi@libero.it

21 settembre 2018

Selfie-mania

Filosofia per la vita - René Magritte, Il falso specchio
René Magritte, "Il falso specchio" (1928), olio su tela

Forse Steve Jobs non pensava, inserendo sui suoi smartphone la fotocamera frontale, di dare avvio a comportamenti così compulsivi e diffusi come quelli che vediamo quotidianamente. Fotografarsi e condividere le foto sui social network è diventata, oggi, una vera e propria mania.
Che cosa spinge persone di tutte le età a farsi un selfie nelle condizioni e nei luoghi più impensati? Che senso ha fotografarsi durante un funerale (è accaduto anche questo!) o in una situazione talmente precaria da mettere a rischio la propria vita? Certo, in questi comportamenti la componente narcisistica è molto forte, ma, accanto al bisogno di rappresentazione di sé, c'è un'esigenza altrettanto forte di condivisione sociale. Convivono il bisogno di specchiarsi e di testimoniare la propria presenza agli altri.
C'è, in definitiva, un problema di identità.
Nel processo di costruzione dell'identità, lo stadio dello specchio (studiato da Lacan) è un passaggio fondamentale. L'essere umano, quando nasce, non è dotato, come gli animali, di istinti che  garantiscono l'adattamento al mondo esterno. La relazione con il mondo, tra l'organismo e l'ambiente, è mediata dall'immaginario. Il bambino, tra i sei e i diciotto mesi, di fronte a uno specchio, all'inizio cerca di afferrare l'immagine che gli appare, come se si trattasse di un oggetto reale. Poi si rende conto che è un'immagine. Infine che è la sua immagine, diversa dalla madre che è con lui. In una fase in cui non ha ancora la padronanza del proprio corpo e lo vive come frammentato, il piccolo acquista una prima consapevolezza di sè come un tutto unitario (la propria immagine unificata) attraverso lo sguardo dell'altro, perché è questo sguardo che conferma che è lui.
Ho bisogno dell'altro per diventare me stesso: è questa la pietra angolare dell'identità. Ed è un processo cognitivo e affettivo insieme.
Ma chi sono io? Per dire IO abbiamo bisogno di raddoppiare noi stessi, abbiamo bisogno di un soggetto e di un oggetto: "Laddove mi vedo, non ci sono, dove ci sono, non mi vedo". (Lacan)
Da un lato c'è un corpo-pulsionale, la grande ragione del corpo (Nietzsche), dall'altro l'io immagine.
Ognuno di noi deve confrontarsi con questo doppio e con un'immagine di sè che è intima e nello stesso tempo estranea.
L'illusione narcisistica consiste nel tentativo (disperato) di far coincidere noi stessi con la nostra immagine e nel non riconoscere all'altro da noi una realtà autonoma. Nel mito, infatti, Narciso, del tutto insensibile all'amore di Eco, muore perché sprofonda nell'acqua cercando di congiungersi con la propria immagine.
Il nostro tempo alimenta l'illusione narcisistica. Il mercato globale ha bisogno di consumatori perennemente insoddisfatti (i bisogni non devono avere mai fine), sempre a rischio di perdersi davanti all'eccesso di stimoli a cui sono esposti e sempre più soli  "perché il consumo è un'attività solitaria (è perfino l'archetipo della solitudine) anche quando avviene in compagnia" (Bauman). Ne risulta una società sempre più privatizzata e priva di riferimenti certi, che stimola gli individui a contare solo sulle proprie forze, a percepire gli altri come ostacoli per la propria affermazione e a perseguire il proprio vantaggio personale. Le relazioni, se si creano, devono potersi sciogliere facilmente perché sono un impedimento verso altre opportunità, una limitazione delle libertà.
Nel tempo del capitalismo avanzato, il potere, come ci ha insegnato Foucault, non si presenta più in forma dispotica, ma entra nella vita e si insinua nei meccanismi e nei procedimenti emotivi quotidiani. Si sviluppa all'interno di un fitto reticolo mobile e concreto di rapporti, si trasforma in un potere seduttivo apparentemente innocuo rispetto al passato e prende la forma di regole comportamentali interiorizzate dai singoli. Il potere agisce sugli individui attraverso le "pratiche", perché ognuno di noi diventa quello che è attraverso quello che fa ogni giorno, attraverso i luoghi che abita, i gesti che compie, le relazioni che intreccia, i dispositivi che utilizza.
I dispositivi (cioè qualsiasi cosa abbia la capacità di determinare e orientare pensieri, gesti, comportamenti) con cui abbiamo a che fare quotidianamente ci inducono ad agire in un determinato modo, influiscono sul funzionamento del nostro cervello e ci trasformano. I dispositivi informatici, ad esempio, stanno cambiando radicalmente il nostro modo di vivere e il nostro modo di vivere il tempo, dal momento che non esiste   più una netta distinzione tra tempo del lavoro e tempo libero. Il mercato ci richiede di essere sempre connessi e visibili ed è una richiesta che è ormai diventata una nostra esigenza.
Siamo soggettività che si pensano libere e che in realtà rispondono "liberamente" all'applicazione dei poteri.
La pratica del selfie, in particolare, rivela molto del nostro tempo, di una fase storica in cui l'accessibilità e la condivisione sembrano diventate un "obbligo" e il confine tra pubblico e privato sfuma sempre più. 
Ma rivela soprattutto molto di noi, del nostro bisogno ossessivo di esserci - IO CI SONO! GUARDAMI - che alimenta il dubbio di non esserci, nell'attesa spasmodica di un like.


Anna Colaiacovo
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