• Anna Colaiacovo •
La fotografia degli Italiani realizzata dal 57° rapporto Censis, “La situazione sociale dell’Italia nel 2023”, è desolante e scoraggiante. Ci dà l’immagine di un popolo invecchiato e sfiduciato, ripiegato su se stesso, incapace di guardare al di là del presente.
Gli Italiani sembrano avere paura di tutto.
• Sul piano generale, le paure sono tante e sono quelle che tutti conosciamo: il clima impazzito, l’immigrazione, la violenza sempre più diffusa nella società, la guerra e il rischio di una sua espansione mondiale. Ci sono però nel nostro Paese, fattori specifici che aggravano il quadro: il declino demografico, l’abnorme debito pubblico e le incognite del welfare.
• Sul piano personale, la paura più grande degli Italiani è quella di perdere il tenore di vita raggiunto, ma forte è anche il timore di fallire e di rimanere soli.
Come reagiscono a tutto questo? “La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”. Gli scenari ipotizzati per il futuro — il rischio del collasso finanziario a causa del debito pubblico, le catastrofi naturali o quelle provocate dalle guerre, l’immigrazione non controllata — “paralizzano invece di mobilitare e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alle molteplicità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare. Tutto è emergenza: quindi, nulla lo è veramente.” (rapporto Censis 2023, p.3, p.6).
Il sonnambulismo non riguarda solo la classe dirigente che ha sottovalutato o rimosso gli effetti largamente prevedibili di processi in corso da anni (es. l’invecchiamento della popolazione e il calo demografico). Riguarda l’intera collettività. Gli Italiani, secondo il rapporto Censis, sono rassegnati al declino, privi di progettualità, convinti che il Paese sia in una crisi irrimediabile. Cercano consolazione nelle piccole cose di ogni giorno, nei momenti da dedicare a se stessi, al proprio benessere e alle relazioni con chi condivide le proprie passioni.
Se confrontiamo il rapporto Censis con il Rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza, “Il tempo della paura fluida” diretto da Ilvo Diamanti (XV edizione - dicembre 2023 - 'Fondazione Unipolis' e 'Demos & Pi'), constatiamo che i fattori di insicurezza globali, come il cambiamento climatico, le epidemie e le guerre, generano non solo in Italia ma ovunque in Europa inquietudine e nuove paure che, in tempi di grande instabilità, diventano fluide.
Il ‘sentire comune’ è condizionato da ciò che accade nell’immediato, riproposto in continuazione dai media fino al prossimo evento, e cavalcato dalla politica. La concentrazione sul presente fa sì che il futuro scompaia dall’orizzonte. La metà dei cittadini dei paesi europei oggetto dell’indagine non vede in maniera positiva il futuro dei giovani. In Italia, però, arriviamo ai due terzi del campione rappresentativo della popolazione. Gli Italiani, rispetto agli altri cittadini europei, non solo sono insoddisfatti della propria condizione, ritengono anche che le prospettive dei giovani sul piano socio-economico siano destinate a peggiorare.
Il rapporto Censis e il Rapporto dell’Osservatorio europeo pongono giustamente l’accento sulla necessità di investire sui giovani. Il rapporto Censis li inquadra in questo modo: una generazione in “Dissenso senza conflitto”. Innanzitutto i giovani (18-34 anni) in Italia sono pochi rispetto alla totalità della popolazione (17,5%) e diminuiranno ulteriormente da qui al 2050. Poiché sono pochi, contano poco sul piano socio-politico e incontrano difficoltà a trovare un lavoro adeguato alle loro competenze e ben remunerato. Negli ultimi anni si assiste a un aumento significativo del numero di giovani che espatria e tra loro è alta la percentuale dei laureati. Con tutta evidenza, la paura del futuro dei giovani italiani è legata alla consapevolezza della difficoltà di realizzazione (lavorativa e familiare) nel nostro paese e non a una paura indefinita. Al punto tale che in tanti non esitano a mettersi in gioco, partendo. Ed è una perdita continua di talenti.
Per ridare qualche speranza al nostro Paese, è importante creare le condizioni che consentano alle giovani donne di lavorare. Nei paesi sviluppati l’aumento dell’occupazione femminile genera un incremento delle nascite, in Italia molte madri rinunciano a un secondo figlio per motivi economici oppure lasciano il posto di lavoro perché incompatibile con le esigenze di cura della prole. Mancano gli asili nido o sono troppo costosi e l’attività di cura e assistenza agli anziani e disabili, prevalentemente a carico delle donne, ostacola l’ingresso o la permanenza nel mondo del lavoro.
In conclusione, per costruire il futuro e superare un modello di sviluppo non più accettabile, occorre mettere al centro dell’attenzione e dell’agenda politica i giovani.
Per ora non se ne vede traccia.
Gli Italiani sembrano avere paura di tutto.
• Sul piano generale, le paure sono tante e sono quelle che tutti conosciamo: il clima impazzito, l’immigrazione, la violenza sempre più diffusa nella società, la guerra e il rischio di una sua espansione mondiale. Ci sono però nel nostro Paese, fattori specifici che aggravano il quadro: il declino demografico, l’abnorme debito pubblico e le incognite del welfare.
• Sul piano personale, la paura più grande degli Italiani è quella di perdere il tenore di vita raggiunto, ma forte è anche il timore di fallire e di rimanere soli.
Come reagiscono a tutto questo? “La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”. Gli scenari ipotizzati per il futuro — il rischio del collasso finanziario a causa del debito pubblico, le catastrofi naturali o quelle provocate dalle guerre, l’immigrazione non controllata — “paralizzano invece di mobilitare e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alle molteplicità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare. Tutto è emergenza: quindi, nulla lo è veramente.” (rapporto Censis 2023, p.3, p.6).
Il sonnambulismo non riguarda solo la classe dirigente che ha sottovalutato o rimosso gli effetti largamente prevedibili di processi in corso da anni (es. l’invecchiamento della popolazione e il calo demografico). Riguarda l’intera collettività. Gli Italiani, secondo il rapporto Censis, sono rassegnati al declino, privi di progettualità, convinti che il Paese sia in una crisi irrimediabile. Cercano consolazione nelle piccole cose di ogni giorno, nei momenti da dedicare a se stessi, al proprio benessere e alle relazioni con chi condivide le proprie passioni.
Se confrontiamo il rapporto Censis con il Rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza, “Il tempo della paura fluida” diretto da Ilvo Diamanti (XV edizione - dicembre 2023 - 'Fondazione Unipolis' e 'Demos & Pi'), constatiamo che i fattori di insicurezza globali, come il cambiamento climatico, le epidemie e le guerre, generano non solo in Italia ma ovunque in Europa inquietudine e nuove paure che, in tempi di grande instabilità, diventano fluide.
Il ‘sentire comune’ è condizionato da ciò che accade nell’immediato, riproposto in continuazione dai media fino al prossimo evento, e cavalcato dalla politica. La concentrazione sul presente fa sì che il futuro scompaia dall’orizzonte. La metà dei cittadini dei paesi europei oggetto dell’indagine non vede in maniera positiva il futuro dei giovani. In Italia, però, arriviamo ai due terzi del campione rappresentativo della popolazione. Gli Italiani, rispetto agli altri cittadini europei, non solo sono insoddisfatti della propria condizione, ritengono anche che le prospettive dei giovani sul piano socio-economico siano destinate a peggiorare.
Il rapporto Censis e il Rapporto dell’Osservatorio europeo pongono giustamente l’accento sulla necessità di investire sui giovani. Il rapporto Censis li inquadra in questo modo: una generazione in “Dissenso senza conflitto”. Innanzitutto i giovani (18-34 anni) in Italia sono pochi rispetto alla totalità della popolazione (17,5%) e diminuiranno ulteriormente da qui al 2050. Poiché sono pochi, contano poco sul piano socio-politico e incontrano difficoltà a trovare un lavoro adeguato alle loro competenze e ben remunerato. Negli ultimi anni si assiste a un aumento significativo del numero di giovani che espatria e tra loro è alta la percentuale dei laureati. Con tutta evidenza, la paura del futuro dei giovani italiani è legata alla consapevolezza della difficoltà di realizzazione (lavorativa e familiare) nel nostro paese e non a una paura indefinita. Al punto tale che in tanti non esitano a mettersi in gioco, partendo. Ed è una perdita continua di talenti.
Per ridare qualche speranza al nostro Paese, è importante creare le condizioni che consentano alle giovani donne di lavorare. Nei paesi sviluppati l’aumento dell’occupazione femminile genera un incremento delle nascite, in Italia molte madri rinunciano a un secondo figlio per motivi economici oppure lasciano il posto di lavoro perché incompatibile con le esigenze di cura della prole. Mancano gli asili nido o sono troppo costosi e l’attività di cura e assistenza agli anziani e disabili, prevalentemente a carico delle donne, ostacola l’ingresso o la permanenza nel mondo del lavoro.
In conclusione, per costruire il futuro e superare un modello di sviluppo non più accettabile, occorre mettere al centro dell’attenzione e dell’agenda politica i giovani.
Per ora non se ne vede traccia.
Anna Colaiacovo
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